
Certo non vi si arriva per vie meritocratiche, poiché spesso, in Italia, ha successo chi altrove continuerebbe a suonare in qualche scantinato dopo il turno lavorativo e non ha successo, o il successo che merita, chi invece potrebbe e dovrebbe averlo: in quest'ultima categoria di artisti rientrano i Gatti Mèzzi, straordinario duo pisano che, cantando nel proprio vernacolo, fondono la loro naturale irriverenza e il loro sarcasmo con un jazz-swing che ricorda per certi versi Paolo Conte, per altri il belga Jean "Django" Reinhardt (con la differenza che quest ultimo aveva titoli come "Serenade", mentre i Gatti ci cantano, entusiasmandoci, pezzi come "Bimbetto scarmanato", o "Morirò d'incidente stradale"); e allo stesso modo rientra nella categoria il livornese Bobo Rondelli, dissacrante cantautore e cantastorie che nel 1993 esordì come cantante e leader degli Ottavo Padiglione sfiorando il successo, e oggi, dopo quasi 20 anni, è un folle giullare, un animale da palco (così lo ha definito Stefano Bollani) capace di invettive contro gli americani con il pezzo "Gimme Money" e di citare poco dopo i poeti Giorgio Caproni e Franco Loi.
Suonano spesso sullo stesso palco, Gatti Mèzzi e Bobo Rondelli, uniti dallo stesso approccio goliardico alla musica e alla composizione, dalla stessa impietosa ironia: e insieme li abbiamo visti suonare la sera del 28 gennaio al teatro Politeama di Cascina (Pisa), assolutamente pieno, sul palco del quale si sono avvicendati realizzando uno spettacolo di tre ore che non ha deluso chi dai "tre toscanissimi" si aspettava un grande live.
I primi a imbracciare gli strumenti sono stati i due Gatti, ovvero il cantante, pianista e fischiatore di prim'ordine Tommaso Novi, e il chitarrista e cantante Francesco Bottai, accompagnati dal contrabbassista Mirco Capecchi e dal batterista Matteo Consani: sul palco, con loro, si suona e si fa teatro, si filosofeggia e si parla d'amore, si ride e, sorridendo, si parla di malinconia. Il tutto, e qui risiede il reale valore del gruppo, avviene nello spazio di una canzone.
Tra i brani proposti vale la pena ricordare la sontuosa "Ladro di Mare", struggente ballata scritta dal Bottai su un pescatore a cui il mare ha rubato il padre, e la folle "Ir Gallaccio di Riglione", pazza descrizione di un signore pisano, ben noto, che durante lo show non manca di presentarsi sul palco. Oltre a questo, i Gatti han presentato quattro nuovi brani, tra cui "Balena" e la citata "Morirò d'incidente stradale", pezzi che entreranno con ogni probabilità nel nuovo album, in uscita tra giugno e luglio.
Dopo i Gatti Mézzi, a salire sul palco è Rondelli con i suoi musicisti, per un live di un'ora e mezzo in cui sono stati proposti brani storici come "Vitelloni", "Gigiballa" e quella "Ho picchiato la testa" che nel 1993 fu singolo dell'album "Ottavo Padiglione" e lo portò a vendere più di 30.000 copie; spazio poi ai brani di "Per amor del cielo", ultimo album di Bobo, finalista nell'edizione 2009 del Premio Tenco.
Rondelli, del quale i due Gatti sono "figli putativi" per modo di tenere e vivere il palcoscenico, in scena conferma che la definizione di Bollani non era esagerata: il suo show alterna momenti di vera follia, in cui il cantautore non lesina la propria toscanità, a momenti in cui il pubblico può soltanto ascoltare in silenzio quello che le canzoni hanno da raccontare.
Come detto, questo è uno dei pochi artisti che sul palco può permettersi nel giro di pochi minuti di alternarsi tra una poesia di Franco Loi e un'interpretazione di "Non voglio crescere mai", che prende spunto dal brano "I Don't Wanna Grow Up" di Tom Waits, e che tanto assomiglia a una rivendicazione del diritto di mostrare la propria personalità, ovvero: io sono questo, vi piaccia o vi disturbi.
Al termine dell'esibizione di Rondelli, c'è spazio per due ultimi bis, che vede riuniti sul palco tutti i musicisti: si inizia con "Ameriano der Tirreno" dei Gatti, goliardica descrizione dei livornesi, ben lontana da quel campanilismo forzato, da stadio, tra Pisa e Livorno che, per fortuna, è in realtà piuttosto limitato, per finire con "Gimme Money" di Bobo; dopo tre ore, lo show è finito, ma nessuno è sazio.
Per concludere, un piccolo avvertimento: sarebbe errato supporre che Rondelli e i Gatti Mèzzi siano esclusivamente dei grandi intrattenitori; qui si parla di artisti che compongono ad alti livelli, con brani i cui arrangiamenti, pur arrivando in modo immediato all'orecchio dell'ascoltatore, si compongono di sfumature e cesellamenti che richiedono lavoro e tecnica.
Quel che manca per arrivare al successo, quello vero, quello da tv, è qualcosa che evidentemente non ha a che vedere con loro.