23/06/2014

Arcade Fire

Postepay Rock In Roma, Roma


Gli Arcade Fire affrontano la prima escursione romana della propria carriera con alle spalle un gruzzoletto di quattro album che li ha imposti come indiscutibili protagonisti della scena indie mondiale. Le storie di vicinati e periferie, così ben organizzate in “Funeral”, “Neon Bible” e “The Suburbs”, hanno lasciato spazio al gioco di specchi ideato nel recente “Reflektor”, il progetto più discusso del loro percorso artistico.
Un gioco che trova fulgida luce nella resa live dei pezzi nuovi: in “Reflektor” tutto è studiato per apparire ingannevole, in contrasto con la realtà, ed i substrati elettronici che rendono le composizioni iper prodotte (complice il lavoro del signor Lcd Sounsdystem) hanno un cuore indie-pop-rock che pulsa fortissimo sottopelle, e che sul palco emerge alla grande.

Tutto deve giungere ai nostri occhi come di luce riflessa, in una grande sfida degli inganni, aperta non a caso con la comparsa sul palco di uomini mascherati con i faccioni dei membri della band canadese. Ma il gruppo originale è pronto a scalzarli per imbracciare gli strumenti e aprire la contesa sulle note di “Normal Person”. I brani dell’ultimo disco ovviamente caratterizzano il set, sapientemente alternati con azzeccati ripescaggi del passato.
La formazione è allargatissima e non si fa mancare nulla: dai fiati, agli archi, a uno stuolo di percussioni atte a conferire un elevato tasso di ritmicità. Il tutto agevolato dal continuo scambio di strumenti fra i musicisti, che rende il set ancora più dinamico. E se il gran maestro di cerimonie Win Butler conferma di essere un vero animale da palcoscenico, un leader carismatico oltre che fine autore, è soprattutto Régine Chassagne a sorprendere per la straordinaria versatilità, ponendosi ora al piano, ora alla fisarmonica, ora alla batteria, ora alle percussioni, ora al microfono, mostrando anche belle movenze che tradiscono le proprie origini caraibiche.

I brani si susseguono quasi sempre senza interruzioni, come fossimo al cospetto di un sofisticato dj set, e già dal secondo pezzo, trattasi proprio di “Reflektor”, l ‘ippodromo delle Capannelle si trasforma in una mega-discoteca a cielo aperto, con tutto il pubblico intento a ballare, agevolato da un sapiente gioco di luci e ritmi.
Il nuovo album è uscito già da parecchi mesi, e i fan hanno ormai assimilato (e alla fine anche apprezzato) le nuove composizioni, ma è chiaro che quando partono i classici (sì, perché di fatto nel circuito indie, e non solo indie, questi son già dei classici a tutti gli effetti) il boato è prevedibile, cosa che avviene puntualmente sulle note di “Power Out” e “Rebellion”, ed ancor di più sulle esplosive “Ready To Start” e “No Cars Go”.

L’effetto-discoteca è assicurato da “Joan Of Arc”, “We Exist” e “Afterlife”, ma la scaletta è studiata per garantire anche momenti più rilassati (la superba “The Suburbs”, con Win Butler seduto al piano), o iper-potenti (una micidiale “Month Of May” nella quale le chitarre restano però in colpevole secondo piano), fino allo zenit rappresentato dalla meravigliosa “Laika”, dove suoni e intrecci vocali lasciano tutti impietriti.
La prima parte dello show si conclude con Régine alla voce in “Sprawl II” e sono applausi a scena aperta.

Breve pausa ed ecco comparire sul palco Butler con una grossa maschera raffigurante Papa Francesco, da lì si riparte con l’esplosione di suoni e colori che caratterizza “Here Comes The Night Time”, condita da cannonate di coriandoli colorati sparati verso il cielo. E’ una festa che prosegue sulle note di “Keep The Cars Running” e “Wake Up”, il vero e proprio inno del gruppo, cantato all’unisono con l’intera platea.
Finisce qua, in due ore scarse che hanno convinto tutti, e hanno dimostrato come gli Arcade Fire non siano ormai più una grande promessa, bensì una straordinaria realtà dello scenario musicale internazionale. Dei grandi intrattenitori che sanno come costruire uno spettacolo coinvolgente in grado di far divertire il pubblico. E non è poca cosa di questi tempi.