04/05/2023

Anna B Savage

Covo Club, Bologna


All'uscita del primo, omonimo estratto da "in|FLUX" ammetto di aver temuto il peggio: che Anna avesse già smarrito la tumultuosa delicatezza di "A Common Turn" per trasformarsi nell'ennesima arty-esaurita, malefico centauro metà Fiona Apple metà St. Vincent. Il video tutto smorfie e balletti sembrava confermare questa tetra previsione. I fantasmi per definizione non sono presenze rassicuranti, ma in questo caso ho accolto "The Ghost" e il suo straziante refrain con ectoplasmatico sollievo: ecco la catarsi che cercavo. E pur non agguantando l'irripetibile magia dell'esordio, il resto dell'album ha sorvolato le vette che esigevo dall'eccentrica fuoriclasse. Meno male.
Basterà l'unicità di questa data italiana a infoltire il pubblico di un'artista ancora (fortunatamente!) relegata al culto selezionato? Pare di sì, se è vero che la sala del Covo è già gremita. Queste sono le aperture che apprezzo: Iona Zajac aderisce ai canoni selvaggi senza clonare la main star (anche se fisicamente un po' le somiglia). Arpeggi carezzevoli trafitti da un'ugola cristallina, la cantastorie scozzese scoperchia il suo scrigno di ballate autunnali, dal sapore antico, rubando l'anima con l'atto centrale della performance: una "happy song about murdering" sorretta da uno scheletrico bordone di organo, intonata con la solennità di una Nico celtica. Decisamente una bellissima sorpresa.

 

Come un trio doo-wop composto da folletti, l'antidiva e i suoi due accompagnatori si presentano in un dress code a tinta unita rossa. Tanto era empatica Iona, tanto è laconica Anna: senza rivolgere una parola né uno sguardo al pubblico, sistema la sua postazione scossa da una palpabile scazzatura - il che, in serate come questa, potrebbe essere una marcia in più. Come volevasi dimostrare: la tensione s'incanala in men che non si dica in una "The Ghost" magnificamente nervosa, con l'enfatico vibrato ridotto a un soffocato deglutire. Ancora meglio la travolgente "Crown Shyness", scandita da potenti colpi di mallet, per tacere di "Corncrakes", issata su un crescendo da infarto a ritmo di marcetta. Ispirazione e affiatamento la fanno da padrone.
Sinistri brividi dark aprono "Two", tra corde grattate e piatti cigolanti, colti alle spalle da un muscolare sequencer. Magistrale saggio di schizofrenia colorata. Le prime parole proferite sono un'inattesa ode alla gastronomia emiliana, preludio di un altro affondo profondissimo: su "I Can Hear The Birds Now" Anna si contrae come una scultura di Messerschmidt, accartocciandosi su un fingerpicking che minaccia di non riuscire a sorreggere tanto peso, confluendo tortuosa dentro una drammatica "Hungry". Anche nei momenti più sommessi, Anna sprigiona una febbrile irrequietezza, sfogata in movenze quantomai frenetiche.

"Feel free to dance" è un invito fin troppo riduttivo per introdurre "Feet Of Clay", in cui il ritmo non manca ma nemmeno un piano beatlesiano e un synth acquatico, che nel finale rimane a gorgogliare solitario. La tastierista si sposta al basso su "Pavlov's Dog", seguita da un'accorata presentazione degli strumentisti. Una mestizia Cohen-iana abita le stanze di "Say My Name", appena rischiarata dai fuochi d'artificio della batteria, e quasi per auto-sabotarsi ci anticipa che "the next one is quite fun". Parla di "in|FLUX", ovviamente, gospel postmoderno in cui si limita a cantare, duettando con se stessa.
Irrobustito da schitarrate surf, il chamber soul di "A Common Tern" scalda quanto basta per foderare il momento più emozionante della serata. Raggiunta sul palco da Iona, anche lei costretta a conformarsi al vermiglio monocromatismo, Anna ci informa che non suona mai bis (finalmente qualcuno osa ribellarsi a certe inveterate consuetudini!) e che il prossimo sarà l'ultimo brano. E non è una canzone come le altre: è la sua preferita, "The Orange", un esercizio che le ha insegnato ad "amare se stessa amando i suoi amici e la sua famiglia", esortandoci ad abbracciare i nostri vicini in una gioiosa secolarizzazione del segno di pace liturgico. Tanta intensità non le impedisce di concedersi un fischiettio sbarazzino, prima di congedarsi senza troppe cerimonie.

 

Nessun merch all'uscita, tanto per ribadire che tutte le convenzioni possono essere scavalcate. In compenso, Anna è a disposizione di chiunque voglia scambiare due parole: definitiva conferma di una personalità che sa dare importanza alle cose giuste, al pari della sua musica.