25/10/2024

John Maus

Covo Club, Bologna


Un sold-out annunciato da settimane. C'è chi ancora oggi non riesce a spiegarsi il grande successo di John Maus e del suo modo di performare sul palco, da lui stesso definito the hysterical body, ovvero “il corpo isterico”. On stage solo lui, una radio con lettore mp3 che sprigiona basi tra minimal wave e hypnagogic-pop, e nient’altro. Maus è un tipo schivo e molto gentile, la penna di questo articolo ne ha avuto la prova andandolo a recuperare in stazione a Bologna all'ora di pranzo nel giorno del live al Covo Club, per dare una mano all'autista della venue (strane coincidenze del destino che uno potrebbe raccontare ai posteri). Il musicista statunitense era in compagnia della moglie, l'artista contemporanea di origine ungherese Kika Karadi, ed entrambi sono rimasti piacevolmente sorpresi dell'accoglienza ricevuta, non si aspettavano che qualcuno li venisse a prendere. “Com'è andata ieri sera a Torino?”, riesco solo ad azzardare timidamente durante il brevissimo tragitto, sebbene avessi un miliardo di domande da fare (e qualcuna annotata su un taccuino in borsa, in caso la situazione lo avesse mai permesso). “Davvero molto bene”, rispondono entrambi, in parte ancora stupiti; ma il tempo di prendere un paio di scale mobili e un ascensore per condurli al furgone del buon Stefano che li attendeva al Kiss & Ride, ed era già ora di salutarli.

Un salto temporale ci porta alle 21, orario dell'apertura porte del mitico Casalone situato in viale Zagabria: il pubblico, incredibilmente misto e difficilmente inquadrabile, tra giovanissimi e adulti, inizia già ad accalcarsi con trepidazione all’ingresso. Preciso come un orologio, l'artista irrompe bruscamente in scena attaccando subito il bizzarro one-man-karaoke tra ululati e colpi di testa con la dinamica “Castles In The Grave” e il basso galoppante à-la Cure di “Quantum Leap”. Un dettaglio da non dimenticare è la formazione di Maus, professore universitario con una specializzazione in filosofia politica; nel suo modo di fare musica e presentarsi in scena molto ha a che vedere con il suo campo di studi, fattore che accostato al desiderio di essere pop crea un curioso binomio. In particolare, lo scopo del “corpo isterico” sarebbe quello di combattere la “recitazione” coinvolta nella musica dal vivo e influenzare una maggiore sincerità nell'esibizione. Si prosegue con i barlumi solenni di “...And The Rain”, i salti sul posto (meglio di un personal trainer) di “Street Light” e “Keep Pushing On”, e un evidente slancio verso il pubblico sulle note di “The Combine” e “Touchdown”.

Ciò che disturba maggiormente chi scrive è la presenza di due figure (soltanto alterate dell'alcol? O due perfette idiote, consapevoli di essere tali?) che, accomodatesi sul bordo del palco, danno le spalle all'artista, scattano selfie a ripetizione e si filmano. Oltre a essere una generale mancanza di rispetto, è la prova emblematica di non aver capito nulla di ciò che si ha di fronte, reputandola al più un’attrazione curiosa da riprendere e sulla quale scherzare.
Tra i momenti di spicco si conta la sinistra “Time To Die”, a cui segue un lieve rallentamento con “Bennington”, per poi riprendere a correre in cerchio con “Rights For Gays” e incitare gli attendenti su “Do Your Best”.
Nel corso dell’esibizione è possibile rilevare la presenza di tre possibili inediti in scaletta, dal titolo sconosciuto, indice che il Nostro sia attualmente al lavoro su nuovo materiale, e nel mentre non possono mancare l'attesa “Cop Killer” e “Maniac”, dove il performer si butta di prepotenza contro le pareti della venue. Le battute finali vedono susseguirsi “Just Wait Til Next Year” e “Pets”, al termine della quale John, ormai ridotto a una maschera di sudore, si accascia a terra esausto, prima di protendersi di nuovo verso gli spettatori festosi e chiudere con “Believer”.

“I geni incompresi o sono timidi e riservati, oppure estremi in ogni loro azione anche nel quotidiano, le vie di mezzo in questi casi non esistono”, commenta Stefano, presente sotto palco insieme a me. Qui si cade probabilmente nel primo caso, e in parte anche nella velata rassegnazione di chi ha ormai accettato di non poter essere del tutto compreso da chiunque nei propri intenti, pur avendo spiegato più volte il proprio punto di vista, e soprattutto avendo visto crescere al contempo una sorta di culto intorno alla propria persona. Quest’ultimo punto è senz’altro positivo per la figura di John Maus; se poi chi lo osanna abbia effettivamente recepito il suo messaggio o meno, è tutta un'altra storia.

Setlist

Castles In The Grave
Quantum Leap
(Unknown track)
...And The Rain
Streetlight
The Combine
Keep Pushing On
Touchdown
Time To Die
Bennington
Rights For Gays
Do Your Best
Maniac
(Unknown track)
Cop Killer
Just Wait Til Next Year
(Unknown track)
Pets
Believer

John Maus su Ondarock