Henry Cow

In Praise Of Learning

1975 (Virgin/Esd)
progressive, canterbury, avantgarde

Unitisi ai connazionali Slapp Happy, gli inglesi Henry Cow registrarono il loro capolavoro tra il gennaio e il maggio del 1975. "In Praise Of Learning" fu un lavoro sofferto, messo a punto in un periodo in cui, dopo la fondazione del "Rock In Opposition" (un movimento europeo per l'autogestione), i nostri (in cattive acque finanziarie) erano in giro per l'Europa, suonando materiale in gran parte tratto dai loro due album precedenti ("Legend", 1973; "Unrest", 1974 - entrambi lavori eccellenti, in cui il jazz-rock di chiara ascendenza canterburyana si caricava di connotati fortemente destabilizzanti, sulla scia dei collage di Frank Zappa e del rumorismo ermetico dei Faust).

Il materiale che venne registrato in quel periodo evidenzia una maturità artistica davvero impressionante. Anche se gran parte della critica aveva definito la compagine come una "free-band", per il gusto spesso iconoclasta dell'improvvisazione, le loro composizioni erano tutt'altro che prive di struttura. Come dichiarerà il leader Fred Frith al settimanale "Time Out" nel 1976: "La musica degli Henry Cow era paradossalmente assai più organizzata a livello strutturale di qualsiasi altra rock-band".

A quest'altezza della sua carriera, la band - fondata nel 1968 a Canterbury - è costituita oltre che dal già menzionato Frith (chitarra, violino, xilofono, pianoforte), da Tim Hodgkinson (organo, clarinetto, pianoforte), John Greaves (basso, pianoforte), Chris Cutler (batteria, radio) e da Lindsay Cooper (oboe, fagotto). Gli Slapp Happy, invece, erano: Dagmar Krause (voce), Peter Blegvad (chitarra, voce, clarinetto) ed Anthony Moore (pianoforte, elettronica e nastri). Durante le session, però, vi furono anche le preziosissime partecipazioni di Geoff Leigh (sax soprano), di Phil Becque (oscillatore) e del grande Mongezi Feza (la cui tromba era già stata ammirata su "Rock Bottom", il capolavoro di Robert Wyatt).

Il brano d'apertura, "War" (2'31") - risalente a una registrazione del novembre 1974, durante le session di "Unrest" - mette subito in evidenza l'apporto vagamente "canzonettistico" degli Slap Happy. Lied tenebroso e aggressivo, "War" vive interamente della tensione emotiva tra la voce spasticamente demente della Krause - in una gelida versione dello "Sprechstimme" (uno stile vocale in bilico tra il canto e la narrazione) e l'equilibrio "dinamico" delle parti strumentali: progressione bandistica; intermezzo cacofonico per clarinetto, elettronica sibilante e frequenze radio; batterismo tribal-jazz e assolo strisciante di tromba. Nel 1993, i Fall ne avrebbero dato una loro versione, inclusa nell'album "Middle Class Revolt". Le liriche sono quanto di più politicizzato si possa trovare in questo periodo. Ma se in "War" è ancora forte la componente "metaforica", nella successiva "Living In The Heart Of The Beast" (16'18") vengono eliminate gran parte delle oscurità. L'epicità del linguaggi è speculare all'epicità della musica.

Nel 1976, in un'intervista alla rivista "Impetus", così si esprimeva Frith: "Noi non facciamo affermazioni politiche in maniera passiva. Stiamo facendo quello che artisti cosiddetti rivoluzionari non fanno, e cioè allargare i confini del nostro mezzo espressivo. La musica è il nostro lavoro, la nostra arte. Noi cambiamo la musica introducendovi i nostri messaggi e questo, col tempo, ha un effetto rivoluzionario". Non a caso, sulla quarta di copertina di "In Praise Of Learning" venne riportata un'affermazione di John Grierson, secondo cui "l'arte non è uno specchio, è un martello", evidenziando, così, la volontà di migliorare le cose e non semplicemente di rispecchiarle (in perfetta simbiosi, dunque, con le teorie marxiste sull'impegno socio-politico dell'arte).

Al di là di qualsiasi valore "politico", comunque, la grandezza degli Henry Cow/Slapp Happy resta legata indissolubilmente alla loro musica, di cui, "Living In The Heart Of The Beast" rappresenta l'apice creativo. In questo brano, tutte le influenze della band raggiungono un equilibrio superbo. La chitarra distorta di Frith e il basso di Greaves, lanciano il brano incontro al canto, questa volta, vagamente angelico della Krause. Per circa un minuto e mezzo, si assiste a un gioco di intarsi tra la batteria sorniona, le note distese del piano e le stilettate chitarristiche. Subito dopo, il pianismo di Hodgkinson si fa più malinconico, mentre la Krause spinge lentamente verso un intermezzo per distorsioni horror di chitarra, sprazzi anarchici di elettronica "faustiana", sintonie di xilofono e percussioni e triangolazioni pseudo-jazz batteria-chitarra-synth; il tutto, prima che, a 7'14", le note "silenti" dell'organo e gli svolazzi inquieti del violino (Frith) preparino un solenne tripudio di organo (una reminiscenza del "misticismo" di Messiaen) e di timpani. La tensione si accumula fino a esplodere in puro splendore "progressivo": sincopi percussive, assolo schizofrenico di chitarra, basso rutilante. A 11'21", il violino di Frith imbastisce un nuovo pannello di dolorosa meditazione. Sullo sfondo, si avvertono il flebile vagito dell'organo, il pulsare irrequieto del basso, mentre Cutler prepara la volata finale con una lieve carezza sui piatti. Da 12'20" fino alla fine, voce e strumenti danno vita a un capolavoro di accumulazione emotiva, a un crescendo musicale che racchiude, in nuce, tutta la statura artistica di questa band fenomenale. Il batterismo "wyattiano" di Cutler (tanto preciso, quanto sfuggente), il violino puntato verso il cielo di Frith, i contrappunti "ritmico-cumulativi" del pianoforte (Hodgkinson), le spirali metalliche della chitarra (Blegvad): un incredibile e potente affresco musicale, troppo difficile da descrivere, perché ci sono cose che le parole non possono catturare.

"Beginning: The Long March" (6'00") è, invece, il caos tradotto in simboli sonori. Dopo un violentissimo schianto armonico di fiati, tempeste elettroniche, accordi sghembi di chitarra e tonfi percussivi, una frattura rumorista ci immerge in una dimensione "altra", brulicante di modulazioni di basso, sibili industriali, assoli isolazionisti di oboe e fagotto e radiazioni di un violino fantasma. E' la rappresentazione definitiva dell'inferno sulla terra e un'incredibile prefigurazione di certa musica industriale a venire (Throbbing Gristle? Einsturzende Neubauten?). "Beautiful As The Moon - Terribile As An Army With Banners" (7'02") è un altro straordinario esempio di "canzone" progressiva. Il canto della Krause è più che mai sofferto e austero, splendidamente accompagnato dall'incantevole pittoricismo dei piatti. Le progressioni basso/batteria trovano negli accordi fatalisti del piano (Frith) una controparte quasi "metafisica". La parte centrale scava a fondo nelle due traiettorie in questione. Il pianismo si fa progressivamente "jazzy", mentre l'aspetto puramente ritmico mantiene la sua distaccata linearità. "Morning Star" (6'02") ritorna sui passi dell'improvvisazione strumentale di matrice jazz-dadaista, già esplorata in "Beginning". L'unica differenza, oltre alle divagazioni "free" dei fiati, è l'accento posto sulle sonorità metallico-percussive dei timpani e dello xilofono, quest'ultimo deturpato elettronicamente. Inoltre, rispetto a "Beginning", s'intravede una maggiore impenetrabilità, a dispetto della luce che il titolo vorrebbe far presagire.

Lavoro di statura artistica incommensurabile, "In Praise Of Learning" è, in definitiva, e nonostante la scarsa visibilità, uno dei capolavori assoluti degli anni 70 (di qualunque genere e ambito), e uno di quei dischi che hanno dimostrato come sia possibile gettare un ponte anche tra le più disparate esperienze musicali. Il tutto, con un martello ben saldo in mano.

29/10/2006

Tracklist

  1. War
  2. Living in the Heart of the Beast
  3. Beginning: The Long March
  4. Beautiful as the Moon - Terrible as the Army With Banners
  5. Morning Star