Difficile dire qualcosa di nuovo su un'opera su cui è stato detto già tutto, forse "il disco jazz" per eccellenza... Possiamo iniziare ricordando, a distanza di più di 45 anni, che quello che al giorno d'oggi appare come un manifesto del jazz all'epoca costituì uno tra i primi esempi di una piccola rivoluzione nella concezione dell'armonia e, di conseguenza, dell'improvvisazione: il jazz modale, che in seguito avrà non a caso in Coltrane uno dei suoi più importanti interpreti. In breve, Miles, stanco delle costrizioni degli accordi "bloccati" in una tonalità precisa, contribuì tra i primi a sperimentare nuove (per il jazz) tipologie di scale, appunto i modi: paradossalmente, a fronte di una diminuzione del numero di accordi, il poter improvvisare su scale diverse anche su un unico accordo (o meglio il non doversi "preoccupare" di quale accordo ci fosse nell'armonia), dava al solista nuove e quasi infinite possibilità melodiche.
Pare che i cinque brani che compaiono nell'originale Lp, registrati nelle due sedute del marzo e dell'aprile 1959, fossero stati "composti" solo poche ore prima da Davis, che giungeva in sala d'incisione con pochi appunti riguardanti il tema e lo sviluppo dei brani. Pare anche che ogni volta che un pezzo veniva eseguito fino alla fine, la take sia stata considerata buona. Importantissimo fu l'apporto di Bill Evans in sala: i suoi accompagnamenti impressionistici e sfuggenti contribuirono a creare l'ideale terreno per l'irresistibile sequenza di assoli che si susseguono nei brani, oltre che a creare l'atmosfera rilassata e "signorile" di tutta la registrazione. Non a caso sue sono le note di copertina, anche nella versione originale in LP, note che ci aiutano fra l'altro a comprendere come i brani furono strutturati e concepiti.
Ecco, forse il modo migliore per fruire appieno dell'opera, che come tutti i capolavori offre sempre qualche nuova emozione o spunto di riflessione anche dopo innumerevoli ascolti, è quella di cercare di penetrare la struttura dei brani, gustandosi contemporaneamente la logica e poetica consequenzialità degli assoli, soprattutto dei due sassofonisti. Ricordiamo che è sempre un sestetto a suonare (in Freddie Freeloader Kelly sostituisce Evans), tranne che in "Blue In Green" dove Adderley non compare. "So what" si apre con una breve introduzione affidata al piano e al basso; subito dopo parte una tra le antifone più conosciute della storia del jazz: a una frase del basso risponde un'altra del pianoforte, al quale dopo il primo giro di 8 misure si aggiungono i tre fiati all'unisono. Lo schema-base si completa dopo 32 misure: 16 in una scala, 8 in un'altra e altre 8 di ritorno nella scala iniziale. Il groove è intrigantemente ondeggiante e la sezione ritmica pare galleggiare in una sontuosa souplesse . Il solo iniziale di Davis, fresco e scattante, viene seguito dal maestoso incedere del tenore di Coltrane, che viene poi avvicendato (e l'atmosfera ulteriormente dinamizzata) dal contralto di "Cannonball" Adderley, che apporta una sfumatura maggiormente blues ed un fraseggio swingante ed accattivante. Chiude Evans, che dopo aver magistralmente appoggiato i compagni di viaggio, più che un assolo opera un fraseggio col suo tipico tocco delicato, allusivo e percussivo, fraseggio che pilota di nuovo verso il tema e la chiusura del brano.
"Freddie Freeloader" (ossia Freddie lo scroccone, titolo ispirato da un barista tuttofare amico di Davis) è un tipico blues dalla struttura a 12 misure. Wynton Kelly, che come detto sostituisce Evans solo per questo brano, è subito in evidenza col suo pianismo saltellante; suo il primo assolo, seguito da Davis nei consueti registri medi della sua tromba senza vibrato; ancora ai due sassofonisti il compito di ampliare lo spettro emozionale del brano (Coltrane), e di aumentarne la propulsione e le speziature blues (Adderley). Ogni solista si prende 4 "giri" prima di tornare, attraverso un giro "commentato" da Kelly, al tema iniziale esposto dalla indolente tromba di Davis. "Blue in green" è il brano più romantico, svolto in forma di ballad; è anche il brano in cui maggiormente si sente la mano di Evans, che in seguito infatti riproporrà il brano in diverse occasioni col suo trio, fino a farlo diventare un vero e proprio standard, e che verrà accreditato anche come co-autore. Ha un andamento vagamente circolare, che la struttura concepita su 10 misure tende un po' a "squadrare"; il tema è naturalmente esposto da Davis sordinato e gli assoli sono praticamente unicamente quelli di Evans (breve, conciso e dal forte impatto impressionistico) e quello altrettanto breve e caloroso di Coltrane. Come detto, manca Adderley, ed il brano è decisamente il più breve del disco.
"All Blues", come da titolo, è un "tutto blues" in 6/8 (o 3/4? Difficile da dire, vista la regolarità delle frasi...), sorretto da una ritmica altrettanto efficace di quella di So What; anche in questo caso i fiati si prendono ognuno 4 giri di una struttura in 12 misure (o 24 se consideriamo il tempo in 3/4), con un ponte di 4 misure di "attesa" tra un solo ed un altro. Questa volta a seguire Davis ci pensa Adderley che per una volta precede Coltrane, e può essere interessante chiedersi il perché di questa inversione: forse è giusto che in un brano dal sapore così dichiaratamente bluesy il contralto si "presenti" subito, impaziente di mostrare le sue carte... Chiudono due giri di Evans che riportano al tema dall'andamento ancora una volta piacevolmente sinusoidale e avvolgente. "Flamenco sketches" è il brano più melodico; la tromba sordinata di Miles ci porta subito in territori "iberici" attraverso un'esposizione di libera liricità, in un tempo lento in 6/8; i due sassofonisti sembrano poi apportare un ulteriore contributo melodico, in entrambi i casi virile e coerente; l'intervento di Evans è infine magistrale: un fraseggio inizialmente puntillistico viene seguito da una risoluzione di struggente romanticismo, che però non ci fa perdere di vista il carattere "spagnoleggiante" (e quindi malinconico...) della composizione. Chiude il brano ed il disco originale di nuovo la tromba rilassata ma partecipata di Davis.
Il cd di cui riportiamo il numero di catalogo (CK 64935 - la versione “definitiva”, in pratica una complete session contenente i brani effettivamente portati a termine) contiene anche una alternate take di quest'ultimo brano, che effettivamente è la prima take realizzata, ma che Davis non considerò “perfetta”, in maniera che oggi possiamo considerare estremamente esigente; dopo 4 tentativi interrotti il sestetto realizzò la versione che poi comparì nel disco originale. Essendo come detto l’unico altro brano portato a termine, venne aggiunto nelle versioni in cd dal 1992 in poi. Si chiude così un capolavoro equilibrato in ogni sua componente, perfetto nella sua (apparente) semplicità, pieno di umana poesia e di universale comunicativa.
Va detto comunque che questa versione del cd gode del vantaggio di una impeccabile rimasterizzazione, e svela inoltre un piccolo segreto ignorato per più di trent'anni, e portato a conoscenza dei più dal famosissimo libro di Ashley Kahn dedicato a questa storica incisione, pubblicato nel 2000 negli Stati Uniti e nel 2003 in versione italiana ("Kind Of Blue" - New York 1959: Storia e fortune del capolavoro di Miles Davis - ed. Il Saggiatore). In breve, la prima facciata del long playing (e del CD "prima versione"), e cioè i tre brani incisi nella seduta del 2 marzo, erano stati pubblicati utilizzando i nastri dell'Ampex "n.° 1" (mentre il n.° 2 realizzava la copia di sicurezza, utilizzata poi nelle pubblicazioni successive). Solo nel 1992, un tecnico provvisto di "orecchio lungo" si accorse che, per qualche strano guasto, i nastri originali erano stati rallentati e avevano quindi dato luogo ad un master che accelerava leggermente i brani. Siamo nell'ordine della differenza di un quarto di tono o poco meno, e di brani accorciati di dieci/quindici secondi. Anche Kahn si chiede come sia stato possibile che nemmeno Davis (oltre che milioni di ascoltatori!) si fosse mai accorto di questo piccolo difetto, per un tempo così lungo! Ma a quanto pare, come un Fellini del jazz, Miles non amava riascoltare i propri dischi... La lettura del volume, oltre naturalmente ad essere consigliatissima per permeare l'atmosfera della genesi e della realizzazione del disco, offre altri spunti filologici interessanti. Ad esempio si viene a sapere che la seconda facciata, composta originalmente da "All Blues" e da "Flamenco Sketches" (e registrata questa volta con una apparecchiatura che funzionava correttamente, nella seduta del 22 aprile) fu pubblicata per alcuni mesi (e circa 50.000 copie...) con i due titoli invertiti (solo i titoli, non i brani), dando luogo a gustosi equivoci tra gli appassionati. Lasciamo immaginare quanto possa valere oggi una di queste copie.
Viene fatto anche notare come la prima versione in cd, oltre a contenere i primi tre brani ancora accelerati, mostrasse una copertina anacronistica (la foto ritrae un Davis anni 70) oltre che "sbagliata" (sviluppata al contrario, fa sembrare Miles... mancino!). Con o senza la lettura di questo fondamentale testo, si potrebbe continuare per ore ad analizzare nel dettaglio un simile monumento, o a chiedersi quale sia il miglior assolo del disco: personalmente, per coerenza, liricità e dinamismo la mia preferenza va a quello di "Cannonball" in "Flamenco Sketches" (Kahn preferisce quello di Coltrane...), fermo restando che non esistono momenti deboli in questo lavoro. Obbligatorio possederlo, in una qualsiasi versione, se si sostiene di avere anche un minimo interesse per il jazz. Piccola curiosità cinefila: in una scena del film "Nel centro del mirino", il personaggio interpretato da Clint Eastwood rientra a casa, accende lo stereo e si sente partire "All Blues": si intravede anche la copertina del disco. Sembrerebbe proprio un omaggio di Eastwood al grande Miles, ma forse anche a tutta la storia del jazz. Del resto il buon Clint, che in un'altra scena del medesimo film suona il piano da discreto dilettante, è un grande appassionato (ricordiamo la regia dell'ottimo film su Charlie Parker - Bird), nonché padre di Kyle, apprezzato contrabbassista. Personnel: Miles Davis (tr.) Julian Adderley (sax alto) John Coltrane (sax ten.) Bill Evans (piano) Wynton Kelly (piano) Paul Chambers (contrab.) James Cobb (batt.)
11/10/2006