“Come With Us” è un ideale viaggio “sintetico” tra le rotte della musica più “cool” dell’ultimo decennio, un crossover di techno e funk, psichedelia e acid house, dance raffinata e battito tribale (come nell’ancestrale “It began in Afrika”). Rispetto al precedente “Surrender” (oltre 2 milioni di copie vendute in tutto il mondo), è più accentuata la componente dance-house , come conferma la title track che apre il disco: un miscuglio di groove e breakbeat che riecheggia in qualche modo quella “Block rockin’ beats” che li lanciò alla ribalta mondiale. “Denmark” è una esercitazione di stile in chiave disco-music. “Star guitar” cela, dietro l’apparente freddezza, una trama ritmica assai elaborata. “My elastic eye” combina loop dal sapore cinematografico e percussioni ossessive. Ma, in quest'oceano d'elettronica purissima, affiorano anche le chitarre - come in "The State We're In", una ballata psichedelica arricchita dalla voce di Beth Orton - e perfino le percussioni brasiliane, come in “Pioneer Skies” (che inizia con una bizzarra rievocazione del rock progressive fine anni Sessanta).
Forse non sarà un disco all’altezza della loro stagione d’oro. Ma è anche attraverso un lavoro come “Come With Us” che i "fratelli chimici" Tom Rowlands e Ed Simons proseguono la loro trasformazione da dj a compositori d'elettronica underground, mantenendosi nell’invidiabile posizione di essere allo stesso tempo band di successo mondiale e fenomeno di culto per gli adepti della sperimentazione elettronica.
(26/10/2006)