Nello specifico, l'album non rinuncia alla peculiarità "cinematica" cui Bjork ci ha abituati in passato, come nel pezzo d'apertura "Pleasure Is All Mine", in cui la voce della nostra sale e scende, cullata dalle onde di un tappeto vocale che sottolinea con enfasi i momenti topici delle liriche, ancora nella sublime "Vokuro", originariamente composta per pianoforte dal compositore islandese Jorunn Vidar, che, riarrangiata da Bjork per l'occasione, diventa una maestosa fusione tra musica sacra e musica profana, e soprattutto in "Oceania", uno dei capolavori assoluti dell'album, in cui lascia a bocca aperta il lavoro del coro, che pare guizzare fuori e dentro l'acqua attirando l'ascoltatore, con la malefica soavità delle sirene.
Altamente evocative anche "Sonnets/Unrealities XI", ancora per solo coro e voce, il cui testo è mutuato dall'omonima opera di E.E.Cummings, la delicata "Show Me Forgivness" in cui Bjork fa tutto da sola e "Submarine", in coppia con Robert Wyatt, che se non è un perfetto pezzo stile Canterbury poco ci manca.
Vi sono poi episodi in cui è messa maggiormente in risalto l'inusuale "sezione ritmica" costruita completamente con le voci di Mike Patton, Dokaka e Rahzel: "Where Is The Line", cupa e violenta invettiva con un Patton in forma smagliante che contemporaneamente disegna ritmica e bassi, "Who Is It", l'unico pezzo propriamente pop dell'album con tanto di ritornello accattivante, e la conclusiva, sfrenata e "dancey" "Triumph Of The Heart", condita da stratosferici beat di fischi e pernacchi e da tromboni umani. Ma la chicca del disco, assieme alla già citata "Oceania", è "Desired Constellation", struggente canzone d'amore dal testo intimo e surreale, la straordinaria e drammatica voce di Bjork e piccoli tocchi di elettronica ad accompagnarla, in un gioco di intensità a cui si possono paragonare forse solo "Unravel" da "Homogenic" e "The Ancho Song" da "Debut".
E' interessante notare, per concludere, come "Medulla" presenti, a livello di liriche, una poetica estremamente differente da quella tipica bjorkiana . Se nelle precedenti opere, anch'esse tutte incentrate sull'amore, i testi mostravano una atipica forma di coinvolgimento nel rapporto a due, in cui l'amore cantato e' prima di tutto verso se stessi e di riflesso verso l'altro da sé, in modo tale da crearsi una sorta di barriera nella quale aprire spiragli quando si tratta di ricevere emozioni positive, e da lasciare chiusa per ammortizzare qualunque sfumatura negative della relazione, in "Medulla", con le recriminazioni verso il partner di "Pleasure Is All Mine" e "Where Is The Line", l'accorato appello a prendere coscienza dell'amore ricevuto in "Who Is It" o la malinconica tristezza di "Desired Constellation", Bjork appare enormemente più coinvolta, o quanto meno, coinvolta in modo differente rispetto al passato.
"Medulla" è in definitiva un disco sicuramente non facile, che non piacerà a chi non ha mai sopportato Bjork, che certamente non avvicinerà nessuno all'universo musicale della nostra, che forse scontenterà qualche fan appassionato dei suoi tipici raffinati arrangiamenti elettronici, ma è disco che cresce pian piano, incompromissorio, profondo e ispirato.
(16/11/2006)