Quante sono le strade percorribili per uscire fuori dagli anni Novanta? Come ci si sdogana dai suoni indie che hanno caratterizzato la prima parte del nuovo millennio? Una soluzione possibile è oggi resa da una coppia di musicisti italiani che sceglie una via sotterranea, un percorso fatto di sangue e metallo, di larve e terra, di fossili e ruggine.
Giovanni Succi (voce, chitarre e basso) proviene dall’esperienza Madrigali Magri, il batterista Bruno Dorella, ex Wolfango, ora anche con i Ronin e gli OvO. Insieme hanno progettato l’avventura Bachi da Pietra, condensando scarni aromi rock-blues in traiettorie noir e minimaliste.
“Tornare nella terra”, l’esordio fortemente sperimentale del duo, è stato registrato nella cripta della chiesa di Sant’Ippolito a Nizza Monferrato, utilizzando tecniche particolari, in grado di conferire alle scarne sonorità il giusto apporto di profondità e ruvidezza.
La proposta è senz’altro singolare e colpisce l’attenzione: un blues metropolitano, lento, scuro, quasi narcolettico, sofferto, primordiale, a tratti inquietante, dove i due musicisti si cimentano in un lavoro che procede per sottrazione, affidandosi a suoni ridotti all’osso, immersi in litri di alcool, ed a parole spesso dure e maledette, sovente appena sussurrate.
Il drumming è essenziale, solo cassa, rullante e qualche utensile, la chitarra è quasi sempre lasciata in secondo piano, a disegnare uno scenario senza speranza, senza luce, senza vie d’uscita.
Un tornare alla terra mesto e arido, con storie che scandagliano la psiche, in titoli che sanno di sabbia e caldo (“Verme”, “Zolle”, “Solare”), con accenni appena più canonicamente “rock” espressi in “Prostituisciti”, posta appena prima dell’epilogo “Stirpe confusa”.
“Tornare nella terra” è un esordio con le idee chiare, con un progetto ben preciso da perseguire, che segna anche l’inizio del sodalizio con la sempre attenta Wallace Records di Mirko Spino.
07/03/2014