A trent'anni esatti dalla pubblicazione del suo primo capolavoro ("Born To Run", 1975), Bruce "The Boss" Springsteen torna con un nuovo disco, acustico e realizzato senza l'aiuto della E-Street Band. Un vezzo usuale, da quando nel lontano 1982 pubblicò quel fantastico "Nebraska", che a detta di molti resta il suo miglior lavoro: registrato a casa su un 4 piste, ospiti solamente una voce flebile e dolorante, una chitarra e un'armonica, fuori solo neve e disperazione. Seguì poi nel 1995 "The Ghost Of Tom Joad", sulle orme del padre Woody Guthrie, bello ma forse sopravvalutato. E infine questo "Devils & Dust", fresco di stampa e che conferma la cadenza decennale del suo bisogno di confessione acustica.
Probabilmente la scelta di tirare fuori dal cassetto proprio ora brani scritti in passato, aggiungendone di nuovi, dal sapore intimista e scarno, deriva dal recente insuccesso della sua campagna musicale pro-Kerry (il "Vote For Change Tour"), con cui inutilmente si è battuto per una scelta politica più vicina all'America da lui sempre portata nel cuore. Diciamolo subito: l'irripetibilità di "Nebraska", la sua potenza evocativa e il suo trafiggere l'anima sono molto lontani; ci troviamo qui di fronte a un lavoro sicuramente ben fatto, contenente un pugno di pezzi dall'arrangiamento impeccabile e dalla presa emotiva indiscutibile, ma che nulla aggiungono a quanto già detto e fatto da Springsteen. Non che questo sia necessariamente un difetto, ché anzi è la conferma di un'integrità e di una coerenza encomiabili, ma ciò implica anche una scarsa ricerca di soluzioni sonore che vadano al di là della riproposizione di stilemi tipicamente "Made in Usa".
La parte più interessante sono sicuramente, e non ci aspettavamo altro, i testi, come sempre riflesso di uno sguardo duro e critico nei confronti di un'America che ha scelto la strada della paura e della violenza (di quella diretta conseguenza) in seguito al terrificante attacco alle Twin Towers (di cui "The Rising" nel 2002 costituì testimonianza immediata). "We've got God on our side/ We're just trying to survive/ What if what you do to survive/ Kills the things you love/ Fear's a powerful thing", veramente un ritratto appena abbozzato ma "essenziale" della psicologia americana post-11 Settembre. E' il passaggio centrale dell'eponima traccia d'apertura, un folk diretto e scabro nella migliore tradizione del genere. A seguire "All The Way Home", un brano totalmente springsteeniano: ritmo liquido e incalzante (alla batteria figura nell'album Steve Jordan, supportato dal basso di O'Brien), chitarre jingle-jangle (acustica ed elettrica) e armonica in corsa verso casa al crepuscolo.
Il passaggio "Well Now Old Fears And Failures/ Baby They Do Linger/ Like The Shadow Of That Ring/ That was On Your Finger" sembra riecheggiare il tema della canzone "The River", la disillusione e l'incompiutezza di ogni esistenza e la persecuzione dei ricordi. La country ballad "Reno" nulla aggiunge e nulla toglie al genere, mentre "Long Time Coming" ospita il violino di Soozie Tyrell (recentemente aggiuntasi alla line-up della E-Street Band), che rievoca paesaggi parsoniani e respira l'aria rarefatta della nostalgia e della speranza. "Black Cowboys" dimostra come lo story-telling del jerseyiano non si sia ancora esaurito e come la sua voce calda e profonda sia in grado di raccogliere brandelli di vita e donar loro un valore universale, raccontando di come lui "lay at night his head pressed to her chest listening to the ghost in her bones".
"Maria's Bed" è sicuramente il pezzo meglio riuscito del lavoro, che unisce un appeal decisamente poppy e soul a un sapore country che evoca i campi di grano del Sud degli States, con tutto l'immaginario che li attraversa. Bruce canta qui stranamente in falsetto e il ritmo quasi sbilenco, ma in corsa verso il futuro con speranza (ancora il violino a smussare ogni asperità), schiude al cuore insperate visioni di luce. Seguono le atmosfere western di "Silver Palomino", la religiosità dylaniana (post-conversione) di "Jesus Was An Only Son" e l'utopico sogno di "Leah" ("I wanna find me a world, where love's the only sound"), tutte basate su una struttura country-folk, con la chitarra acustica davanti a un insieme di strumenti e voci che in sottofondo ritoccano gli spazi. Il country-pop innamorato di "All I'm Thinkin' About" cede il passo alla chiosa di "Matamoros Banks", l'ennesimo sacco alla mitologia su cui gli Usa hanno costruito la loro coscienza collettiva, su sobrio accompagnamento acustico.
Alla versione su cd è allegato un Bonus Dvd contenente l'intero album in versione Dolby Digital 5.1 e un video del regista David Clinch, che riprende l'esecuzione totalmente acustica (voce, armonica e chitarra) di cinque brani tratti dall'album. "Devils & Dust" riconferma la ritrovata vena artistica del Boss dopo l'oscura parentesi degli anni Novanta e l'intermittente avvio di millennio di "The Rising", ma, percorrendone i solchi, non si può evitare di rimpiangere i tempi in cui, ancora giovane, cantava "At night on them banks I'd lie awake/ And pull her close just to fell each breath she'd take...".
1. Devils & dust
2. All the way home
3. Reno
4. Long time comin'
5. Black cowboys
6. Maria's bed
7. Silver palomino
8. Jesus was an only son
9. Leah
10. Hitter
11. All I'm thinkin' about
12. Matamoros banks
DVD (tracce acustiche)