Mogwai

Mr. Beast

2006 (Rock Action / PIAS)
post-rock

Sino a "Rock Action" l'accusa preferita da parte dei detrattori si basava su termini come ripetitività della proposta, poca originalità, sfruttamento di sonorità ormai morte e sepolte. Poi "Happy Songs For Happy People" li ha spiazzati, e allora puntuali (ma leggermente incoerenti, concedetelo) gli strali verso un'ispirazione perduta a causa di un trasporto emotivo troppo trattenuto. Il buffo è che, a distanza di quasi tre anni, non pochi ritengono proprio quel disco (in teoria non perfettamente riuscito) come una delle massime vette del gruppo scozzese. Per ispirazione ed emotività, si intende. Ma quella è stata solo l'ennesima puntata di una storia scontata, in teoria pronta a proseguire con un album che conferma e rielabora (come ogni volta) un percorso sempre coerente da un punto di vista stilistico, mai staccato dalle tappe precedenti, eppure in perenne evoluzione, perché incendiato da scintille in continuo viaggio fra cuore e cervello.

"Mr. Beast", dicono, è un ritorno a ciò che era, alle esplosioni deflagranti e ai feedback più urticanti. Vero, ma non solo. "Mr. Beast" è anche l'estremo del suo predecessore, perché il romanticismo doloroso finge di trattenersi per poi lasciarsi andare (senza per questo arrendersi) in impeti di violenza lancinante e delicata. "Mr.Beast" è la nuova partita dello stesso campionato, in cui ogni giornata è differente dalle precedenti, ma in campo scendono gli stessi giocatori. L'intro (che intro non è) di "Auto Rock" segna le coordinate di quel che sarà: rintocchi di piano per una melodia lacerante per intensità, sviluppata su un crescendo sottilmente sporco e irreale nel lasciare spazio all'illusoria (perché volutamente non del tutto esplicata) estasi finale. Il rimando al passato non è tanto nella sostanza quanto nella forma, intransigente nel rinnegarsi in favore dell'orgia hardcore di "Glasgow Mega-Snake", episodio fra i più apocalittici del combo, fondato su un continuo rincorrersi di chitarre costrette allo scontro frontale.

Una fisicità raramente così urlata al mondo, vertiginosa nel proporsi e priva di quegli appigli simbolici evidenziati in "Folk Death 95", potenziale hit per seguaci vecchi e nuovi, grazie a distorsioni e dissonanze inglobate da un sentimentalismo scarno. E allora un brano come "Travel Is Dangerous" potrebbe quasi sembrare il manifesto di un album di furiosa profondità: il cantato di Barry Burns scorre su frenetiche e inconsolabili trame di chitarre folgoranti e caracollanti, tuttavia pronte a indugiare in riflessioni destinate al fasullo sollievo conclusivo. Inflessibili nella ricerca della sensibilità strumentale più pura, episodi come "Team Handed" e (soprattutto) "Emergency Trap" esaltano il concetto di passionalità silenziosa, in potenza incerta come una storia d'amore sull'orlo della fine, tuttavia sicura, come volesse scrollarsi di dosso la transitorietà della vita. A innalzarne la visione "Friend Of The Night", gemella di una "I Know You Are But What Am I?" ma più ardente nelle atmosfere eteree, ansiosa nel dipanarsi in crescendo tanto trattenuti quando definitivi nei giochi stritolanti fra chitarre e piano.

E se il minimalismo della drum machine di "Acid Food" racchiude la dottrina della ballata rinchiusa in se stessa, "I Chose Horses" parte come volesse spogliarsi di ogni abito per poi concedere il palco al recitato di Tetsuya Fukagawa (degli Envy) e regalare istantanee frammentarie di sulfurea bellezza. Appare allora inevitabile la conclusione, con i Black Sabbath come padrini, di "We're No Here", enfatizzata da una drammaticità inconsolabile e costretta a gettarsi in acque impure, senza concedere alcuna possibilità di riemersione nemmeno durante le incandescenti implosioni di furia intollerante. Anche questa volta c'è un nuovo attacco alla salita, ripetuti scatti e controscatti, nessun desiderio di vedere chi rincorre. I Mogwai ci offrono la possibilità di vedere il mondo da un'ottica non diversa eppure nuova, per un'epifania di emozioni tinte nei colori della purezza più romantica e, per questo, dolorosa. Perché anche la celestialità, per essere tale, deve sapersi sporcare.

21/12/2006

Tracklist

1. Auto Rock
2. Glasgow Mega-Snake
3. Acid Food
4. Travel Is Dangerous
5. Team Handed
6. Friend Of The Night
7. Emergency trap
8. Folk Death 95
9. I Chose Horses
10. We’re No Here