"Non una produzione discografica in senso stretto, ma una produzione di comunicazione in senso molto più ampio".
Le parole della Urtovox, etichetta italiana genitrice, insieme all’Awful Bliss, altrettanto italiana, ma concentrata su lidi diversi, della pregna, doppia compilation "Songs For Another Place", dichiarano, da subito, l’intento di un’operazione che, più che archivistica, pare pulsare della scoperta di piccoli tesori nascosti in un indie-rock gemellato tra gli Stati Uniti e l’Italia.
Il packaging cartonato e sapientemente numerato in 1000 copie reca l’immagine alienata e naif di una sorta di coniglietto che si erge accanto a un omino, quasi silenzioso accompagnatore.
La sensazione generale è variabile da un tappeto di erba soffice su cui distendersi e contemplare il passaggio lento delle nuvole, sino all’inquietudine mai urlata, fatta, semmai, di fragile etere, passando attraverso il piacere visivo di un pacificante arcobaleno.
All’interno, un disco rosso e uno nero.
Quasi nel rispetto delle due linee cromatiche, il disco rosso, contenente un piccolo e significativo spaccato della scena indie nord-americana, appare più lieve, nel suo palpitare, una sorta di elettrocardiogramma mai troppo accelerato, eppur vivo e immaginifico.
L’apertura è affidata a Faris Nourallah, che va immediatamente a occupare un ideale casellario facente capo a coordinate beatlesiane e yorkeane ("Move On").
Quasi come un nume tutelare, si aggira, tra le pieghe di voci e chitarre, lo spirito struggente di Jeff Buckley, evocato dall’essenzialità degli Strugglers ("The Disappeared"), dalla dolcezza dei Dolorean, quasi nel tentativo di un’emulazione inconscia di "Lover, You Should`ve Come Over" ("Jenny Plays Your Bets"), dall’acuto dolente degli Everything Is Fine, forse il punto più umbratile del disco ("Flashlights").
Sottili stratificazioni vocali compongono, invece, il desert-rock dei Lazarus ("Steven Knows That I Will Be"), che diventa commovente scarnificazione lo-fi nella chiusura affidata a Elephant Micah ("Friendship Alliance").
Nel mezzo, una pioggia di apprezzabili citazioni: dal declamare borderline à-la Lou Reed degli Swearing At Motorists ("Reclutant Angel"), sino alla penombra-nascondiglio caveano dei The Hotel Alexis ("Lights Over Water"), passando attraverso il free jazz filo-wyattiano di Holy Sons ("Turned Away").
Lo spleen del disco nero, dedicato agli italiani, pare più intimista e sofferto, partendo dal cantato emotivamente denso e visionario di Pietro De Cristofaro, anima dei Songs For Ulan, qui presenti con il singolo che dà il titolo al loro ultimo lavoro ("You Must Stay Out").
Quella dei Low è, invece, la suggestione che lega la malinconia sospesa a mezz’aria dei Giardini di Mirò ("The Rainy Session") alla calma apparente, raffinata ed essenziale dei Franklin Delano ("You’ll Never Get").
Laddove i Satellite Inn apportano liquide svenevolezze indie-pop ("A Place Where Nobody Cares"), gli A Toys Orchestra, come Gogol Bordello al rallentore, sdrammatizzano il tutto con un cingolante quadretto da artisti di strada ("Nena Iena").
E come altri, contrastanti estremi, giungono la palpitante tensione drakeana di Goodmorningboy, aka Marco Iacampo ("Parallels") e gli anelli di fumo in un’oscurità che da Tom Waits arriva direttamente a Cesare Basile ("Speak Of Love").
Melancolia languida e sensuale dei Rosolina Mar ammorba l’aria sino a fluidificare ogni movimento ("They Killed Storius in Rosolina Mare").
E ancora, campani, come i già citati Songs For Ulan, i Blessed Child Opera, che elettrificano di nuovo con il furore mai per caso di Paolo Messere ("My Dream Doesn’t Lie To My Soul"), seguiti dai vicini neo-Pixies pugliesi Psyco Sun (Silly Things").
E la chiusura- title track è una discreta ninnananna, cantata dai The Softone nell’angolo della stanza in cui l'opalescente riflesso lunare si sostituisce alla luce artificiale di ogni lampada.
L’operazione riesce, coerentemente agli intenti, senza alcun rischio di inutile sovraffollamento quantitativo, per via dei quasi 40 pezzi presenti nella compilation , andando, al contrario, a dischiudere piccole realtà meritevoli di ripetuti ascolti e spazi di cui fruire dal vivo.
16/07/2006
Disc 1 (red)
Disc 2 (black)