La coltre di rumore che apre "Peacebone" non è esattamente quel che ci si aspettava dal nuovo disco degli Animal Collective. "Feels", l'album pop, la normalizzazione, il riuscito iniziatore di una nuova strada espressiva: sventrata prima ancora di essere venuta a termine. I freak del Maryland mollano tutte le buone intenzioni, mollano il pubblico, mollano la critica. La statura di pensare a qualcosa di nuovo, o quantomeno diverso. La solidità con cui ciò avviene. E' questo "Strawberry Jam".
Si possono vedere le basi: i pastiche elettronici di "Spirit They're Gone, Spirit They're Vanished", il melodismo affinato e raffinato di "Feels", i tamburi e gli eccessi di "Here Comes the Indian". Eppure il risultato differisce, è l'ennesima maschera deforme di questi moderni Holy Modal Rounders. Il vitalismo sfrenato che infiamma "For Reverend Green" - maestosa progressione di rumore, urla e festa - la gioia invasiva di "Peacebone", purezza melodica a infrangersi e dialogare con i disturbi elettronici. Capolavori di compromesso, fra primitivismo e intellettualismo.
La maturità di sfruttare soluzioni diverse: il motivo di piano a fare a botte con le urla profonde e sguaiate in "Cuckoo Cuckoo", il breve schizzo ultra-pop di "Winter Wonder Land". La sublime "Fireworks", amorosa delicatezza a ritmo di scoppi, giustamente sfuggita al massacro rumorista. Pubblicare solo ciò che davvero è degno, sfuggire agli schemi, ribaltare i propri limiti, evitare buchi: la sola "Unsolved Mysteries", filastrocca su reiterazioni di chitarra, a tentennare.
Distruggendo e costruendo, "Strawberry Jam" riesce a coniugare innovazione e immediatezza, ricerca musicale e sentimento, razionalità ed emotività. Animal Collective confermano, una volta di più, di essere una delle band più significative dell'ultimo decennio, autori di una mistura, di follia e ludicità, che non ha eguali nella storia del rock.
07/09/2007