Non si sa chi sia stato il primo a riaffondare le mani nel pozzo senza fondo delle feste gitane, delle tziganate alticce e scoppiettanti che fanno lievitare l'ascoltatore da terra, come la sposa dell"Underground" di Emir Kusturica. Certo è che Goran Bregovic e sodali hanno visto lungo, con la giusta dose di paraculaggine, schiudendo le porte di questa patchanka scalmanata dell'Europa orientale, e portandosi dietro orde di frenetici gypsy-rocker in giro per il mondo.
Il nome del momento è quello dei Gogol Bordello, combriccola rom pilotata dall'Ucraina a New York dall'istrionico acrobata Eugene Hutz, pronto a stupire gli spettatori con il suo circo ethno-punk senza rete. Una irriverente mistura di danze sfrenate e sbornie di vodka, polke e rumbe, gighe selvagge e unza unza, tenute insieme dall’ironia e da un piglio folk-punk preso in prestito dai sublimi Pogues di Shane McGowan, dal quale Hutz mutua anche il registro ebbro e rugginoso.
Sarà la moda, saranno le dritte del marito Guy Ritchie, fatto sta che il bordello del fu Nikolaj Vasil'evič è diventato addirittura l’ultima ossessione musicale di Madonna, che ha deciso di coinvolgere Hutz nel suo primo film da regista, "Filth & Wisdom". E per Hutz non sarà la prima volta, dopo l'incursione nel set al fianco di Elijah Wodd nel film "Everything Is Illuminated" (tratto dal romanzo di Jonathan Safran Foer), al quale i Gogol Bordello hanno anche donato un paio di brani, andando ad arricchire la già ottima colonna sonora firmata Paul Cantelon.
Ecco allora, in pieno sbraco estivo, il momento giusto per un’uscita ad alto tasso di furbizia come questa "Super Taranta", con la sua foga gypsy-punk sapientemente dosata in cabina di regia dal produttore Victor Van Vugt (già al fianco di Nick Cave, PJ Harvey e Depeche Mode). Quattordici esuberanti vignette che - c'è da scommetterlo - faranno muovere parecchie natiche in giro per il mondo, con la loro irresistibile carica di kitsch gitano e groove tarantolato, riciclato - a modo loro - dalla tradizione del ballo popolare salentino (tutto sarebbe nato dalla visione di un quadro toscano dove una donna in preda alle convulsioni veniva rasserenata da un suonatore di violino). A esasperare il tutto, sprazzi di reggae, dub, metal e persino le trombe del New York’s Slavic Soul Party. Un casino (nomen omen...) dalle marcate virtù terapeutiche, se è vero che il fine ultimo del disco è "abbattere la tensione e l’isteria globale, trasformando tutta l’energia negativa che ci circonda in positiva, come fece la tarantella originariamente", secondo le parole dello stesso Hutz.
Rispetto all'esordio "Gipsy Punks Underdog World Strike", si rinsalda il legame con le sonorità dell’Europa orientale, in particolare con autori come Sasha Kolpakov e Vladimir Visotsky. E l’ingresso in organico del talentuoso bassista etiope Thomas Gobena aggiunge profondità al sound del gruppo, che tuttavia appare ancora troppo caotico per reggere sulla lunga distanza. Troppi i doppioni di ritmi, coretti e urla, e troppi gli spoken-word logorroici. Non mancano, tuttavia, le occasioni per tracannarsi un bel cocktail infuocato, a cominciare dal singolo "Wonderlust King", esplosione caciarona con un irresistibile coro cantato, e dalla spasmodica title track, che farebbe schiodare dalla sedia anche il solito orso che non balla mai alle feste, per proseguire con la rumba prepotente di "Alcohol", il divertissement da sagra paesana di "Harem In Tuscany" o gli invasati violini klezmer di "Suddenly...(I Miss Carpaty)". Le vibrazioni di "Dub The Frequencies Of Love" e "Tribal Connection" stanno invece a ricordarci che i Gogol Bordello non sono certo rimasti confinati in qualche sperduto villaggio ucraino e che il loro sound possiede un battito moderno e universale.
Un'operazione riuscita a metà, insomma, che serve soprattutto a tenere desta l'attenzione su uno dei fenomeni musicali del momento e che funge effettivamente da ottimo antidoto "globale" allo stress. E, di questi tempi, scusate se è poco.
16/07/2007