Scrivere di un disco che parte da un titolo incomprensibile o quasi, come "Ga Ga Ga Ga Ga", non è per niente facile. Meno ancora lo è, se a firmarlo sono gli Spoon. Passo indietro: il gruppo viene da un'attività più che decennale e da una richiesta, per chi ascolta, di una conferma, dopo un disco ottimo come "Gimme Fiction". Direttive musicali ridotte al minimo, se possibile, anzi concentrate in un solo nome: Beatles. Scrivere "Beatles" in questa maniera, però, potrebbe apparire fuorviante; gli Spoon riprendono gli echi delle melodie dei quattro di Liverpool, le scarnificano, lasciano per l'appunto qualche filo teso e disegnano lo sfondo. Il tutto viene ovviamente amplificato da Britt Daniel, voce ed effetti annessi che definire lennoniani sarebbe dire poco. E poi ci sono i colori, colori lontani dall'oscurità, ma molto più aperti verso un pop asciutto, di estremo impatto, ridotto all'osso per lasciar viaggiare la melodia.
Questo è anche "Ga Ga Ga Ga Ga", a partire dall'andante incipit di "Don't Get Me A Target", voce rauchissima con John Lennon e Abbey Road dietro l'angolo, plettrate che sembrano neanche filtrate per un mixer e un pianoforte in battuta che ne accompagnano la crescita, per poi arrivare a prove estemporanee di art-pop, come la claustrofobica "The Ghost Of Your Lingers" o "The Underdog": se la prima può sembrare quasi fuori contesto per i toni eccessivamente cupi, la seconda offre uno degli episodi più brillanti dell’intero disco, trasformandosi in una ballata a suo modo dolente, con una chitarra acustica dominante, che entra dentro fin dalle prime battute.
Strumenti semplici, cose semplici: sembra questo il diktat al momento della scrittura, si prova a rileggere il ragga accordandolo con dondolii di teste da scampagnata ("Eddie's Ragga"), ci si sposta verso un clapping suggestivo, sul quale il gruppo costruisce l'episodio sicuramente più rappresentativo dell'album, "Finer Feelings", scanzonata (sapendo di esserlo). Non per questo, però, si può arrivare a confondere gli Spoon con uno dei mille gruppi pop-rock attualmente in circolazione: la loro storia è profonda, la loro musica altrettanto. Solo che le leggi del pop richiedono una melodia che funzioni e, soprattutto, sapere come farla funzionare: metti il crescendo di "My Little Japanese Cigarette Case", che finge di partire verso ritornelli squarciagola e invece viene interrotta a sorpresa da chitarre pseudo-ispaniche... Per ritornelli che non partono, ci sono canzoni che si portano dietro un refrain dall'inizio alla fine, un crescendo che viene scandito da tamburelli lontani, poi le solite chitarre e i fiati d'altri tempi ("Yr Cherry Bomb").
Un disco di esplosioni di colore, si diceva, e viene da aggiungere che probabilmente la capacità degli Spoon è diversa e più profonda, il fare in maniera semplice ciò che per altri è difficile, per altri ancora impossibile. Rimarrebbe solo da discutere se un disco del genere, che sicuramente rientra all'interno della casta "beatlesiana" dell'attuale scena indie-pop, possa essere facilmente sdoganato verso altri lidi, dove dominano produzioni di più facile impatto. Ma è un dubbio che potrà dissolvere solo il tempo. E la stessa band texana. Magari partendo proprio dalle dieci canzoni di "Ga Ga Ga Ga Ga".
23/07/2007