Intendiamoci, Mark Arm e soci non propongono assolutamente nulla di nuovo, e qui, come vent'anni fa, ripropongono esattamente le solite cose. Ma un po' come per recenti "revival" passatisti (la ripresa delle sonorità rock dei Rem con il loro "Accelerate", la reunion della formazione originaria dei Dinosaur Jr), a convincere è l'energia e l'onestà dell'insieme.
"The Lucky Ones" presenta così una band rinvigorita, che dimostra di non aver perso lo smalto degli anni d'oro, e che ha saputo uscire dall'impasse creativa alla quale pareva relegata ormai da qualche album (tra cui l'insipido "Under a Billion Suns").
Registrato in appena quattro giorni, prodotto e mixato come se fosse una jam session da Tucker Martine, il nuovo lavoro dei Mudhoney è un prodotto fresco e veloce (undici canzoni, per appena trentasei minuti complessivi), che si ascolta con lo stesso piacere con cui, probabilmente, è stato ideato. Ovviamente gli anni sono passati, Martine non è Jack Endino, e i suoni di "The Lucky Ones" sono molto più puliti e levigati rispetto ai fiammeggianti singoli di fine anni 80, ma pezzi come "The Open Minds" e "I'm Now" sono tra i più rabbiosi e tirati nel repertorio della band, e non si scordano facilmente.
Per il resto tutto secondo copione: riff incadenscenti a cui provvede uno Steve Turner in gran forma (i migliori episodi in questo senso sono "Next Time", o "What's This Thing?", imparentata da vicino ai Jon Spencer Blues Explosion), piogge di feedback, Mark Arm che sbotta rabbioso come il giovane Iggy Pop ("Tales Of Terror"). E i giochi finiscono in fretta, prima che subentri la noia.
"The Lucky Ones" è un album che difficilmente farà guadagnare nuovi fan ai Mudhoney: ma per chi è cresciuto con "Touch Me I'm Sick", potrebbe essere una gradita sorpresa.
(26/05/2008)