Fa sempre un po' dispiacere parlare di Ron Sexsmith, cantautore canadese ormai in pista dal 1991 che non è mai riuscito, per motivi un po' difficili da capire, a raccogliere i frutti di un buon talento e che a volte negli anni, forse frustrato da questo insuccesso, ha visto scivolare un poco dell'ispirazione che aveva nei primi dischi.
Ormai lontano dalla semplicità compositiva e strumentale degli esordi e aderente a quel pop che, anche grazie all'efebica voce, lo avvicina molto a Rufus Wainwright, Sexsmith supera la boa dei dieci album in carriera con l'ennesimo lavoro intriso di classe e delicatezza.
Ben coadiuvato da una sezione fiati che regala un tocco soul-motown ad alcune composizioni ("This Is How I Know", "Brandy Alexander") e con la solita bravura al piano, il cantautore snocciola quattordici brani dolci e leggeri che scorrono magari senza vette, ma in un complesso generale assolutamente di qualità.
Sempre misurato (a volte anche troppo, forse…), Sexsmith sa dare sempre pathos alle proprie composizioni, così anche se dal punto di vista compositivo non c'è da farsi girare la testa, il disco sa comunque regalare anche piccole perle: a già citata "Brandy Alexander", orchestrata alla perfezione, il vivace country-pop di "Poo Helpless Dreams", le splendide ballate "Hard Time" e "Thoughts & Prayer" o la chiusura strumentale "Dawn Anna".
Come si diceva, è arduo comprendere come mai Ron Sexsmith sia ancora un artista con un pubblico solo di nicchia, o perché dischi come "Ron Sexsmith", "Other Songs" e "Whereabouts" non abbiano avuto fortuna; forse non avrà l'originalità di altri songwriter, la fragilità del compianto Elliott Smith o, volendo essere cattivi, il papà famoso di Rufus, ma il canadese è sempre capace di melodie graziose e delicate che sanno accarezzare leggere il cuore e l'anima.
10/10/2008