Qualcosa agita le sonorità di “Investigate Witch Cults Of The Radio Age”, una strana e non sempre affascinante frammentarietà emotiva e stilistica, la sequenza di ventitré titoli è un insieme sonoro che sembra librarsi in volo senza logica, come se note disarmoniche custodite in un cassetto fossero state liberate incautamente da un bambino curioso e imprudente.
“Investigate Witch Cults Of The Radio Age” nasce dalla collaborazione tra i Broadcast e Julian House, designer grafico e musicista responsabile del progetto musicale Focus Group. Se i Broadcast sono amabilmente ricordati per essere la miglior incarnazione del dream-pop dai tempi dei Cocteau Twins, il progetto Focus Group invece occupa un posto di rilievo nella musica contemporanea, dalla rielaborazione di library music, ambient e musica concreta, Julian House ha magicamente estratto un nuovo sound che il critico Simon Reynolds ha archiviato come "Hauntology", ovvero musica infestata da sonorità che provengono dal passato ma che altresì proiettano le visioni del futuro possibile.
Ma la vera novità è lo sdoganamento del genere, che esce dalle lande intellettuali della sperimentazione e dalle strette maglie della canzone d’autore post-folk per lasciar scorrere l’immaginazione senza ortodossia o nostalgia: è dai tempi dell’esordio degli United States Of America che non viene realizzato un disco così affascinante e altresì sconfortante, al punto che l’ascoltatore spesso perde l’orientamento per poi ritrovarsi in sonorità apparentemente più morbide.
Arcano, falsamente gentile, il mood sonoro si infrange su break di jazz, melodie scricchiolanti, suoni grezzi appena limati, clavicembali mai temperati, vetri infranti, giocattoli abbandonati, tutto abilmente reso sognante dall'innegabile vena romantica dei Broadcast.
Grazie alla collaborazione col Focus Group, i Broadcast hanno recuperato le pulsioni esoteriche degli esordi. I synth analogici, i ritmi offuscati e gli arpeggi sonori e vocali di Trish Keenan realizzano una fusione chimica tra scampoli di funk in ”How Do You Get Along Sir?”, trame allucinate e sospese in “We Are After All Here” e luminose melodie nel piccolo capolavoro di “Make My Sleep His Song”.
Amabili e suadenti episodi come “The Be Colony” e “Ritual/ Looking In” concedono intensità, mentre “Oh You Chatterbox” si dilata su trame barocche e “Drug Party” agita psichedelia e rock decadente, mentre il folk gentile e grezzo di “I See, So I See So” si sposta verso suggestioni infantili.
La varietà stilistica fluisce con toni cinematografici e teatrali, con canzoni che raramente completano la loro forza armonica. Qui si celebra il maggior successo dei Broadcast, che sfuggono al loro comporre cantilenando, il coro di “What I Saw” introduce con maliziosa delicatezza le trame più notturne e infestanti della loro nuova veste sonora, che si concentra in episodi multiformi, con brillanti intuizioni armoniche, gioielli come “Love’s Long Listen-In” e “Let It Begin / Oh Joy” superano di gran lunga il loro precedente archivio sonoro.
Oscuro e mai ruffiano il sound di “Investigate Witch Cults Of The Radio Age” è potente e lucido, ma anche posseduto da insana follia corrotta da una lieve ironia. La fruibilità dell’insieme resta ambigua, la stasi che spesso incombe travolge l’ascoltatore nel tentativo di cogliere attenzioni meno distratte e occasionali. L’album trascende l’ascolto virtuale per coinvolgere di nuovo i sensi sopiti dell’incauto fruitore. La musica che scivola nei 23 episodi in verità non completa la sua forma artistica, spetta al pubblico inserire immagini e storie di questo suggestivo film immaginario.
05/01/2010