Sembra che in Islanda un'attesa simile per l'uscita di un disco non si respirasse dai tempi di "Ágætis Byrjun".
L'analogia è senz'altro impegnativa, ma rende con tutta evidenza la dimensione conseguita nel breve volgere di un paio d'anni dagli Hjaltalín, ennesimo prodotto musicale proveniente dal fertilissimo sottobosco musicale islandese e già designato quale credibile next big thing proveniente dalla terra dei ghiacci e del fuoco.
Le ragioni dell'attesa che circonda la seconda prova dell'ampia band capitanata da Högni Egilsson risiedono tutte nell'attenzione suscitata dall'esordio "Sleepdrunk Seasons", pubblicato dapprima in patria a fine 2007 e solo di recente distribuito anche all'estero. L'album, prodotto da Benedikt Hermannsson e Gunnar Tynes, cattura ben presto appassionati e addetti ai lavori, che nel suo eclettico caleidoscopio di pop, folk orchestrale e teatralità da musical riscontrano aderenze stilistiche tra le più varie, dagli Arcade Fire a Sufjan Stevens, da Jens Lekman ad Antony, fino agli ultimi Sigur Rós (immancabilmente citati per la comune origine islandese, ma in realtà non molto pertinenti).
In virtù di tali premesse è allora facile prevedere anche per questo secondo "Terminal" - per ora uscito soltanto in Islanda - un 2010 di notevole diffusione internazionale, considerando che in effetti il lavoro ha tutte le carte in regola per proiettare gli Hjaltalín verso alte sfere di popolarità.
Traendo le mosse dalla variegata alternanza tra stili e mood che già contrassegnava "Sleepdrunk Seasons", il nuovo album arricchisce ulteriormente lo spettro espressivo della band, vestendo le interpretazioni stravaganti di Egilsson di abiti di scena di volta in volta diversi, in una sorta di vero e proprio musical nel quale episodi giocosi e caracollanti, compassati e dimessi si susseguono senza sosta. Frequente è poi il dialogo della sua voce nasale - e in qualche passaggio volutamente sgraziata - con quella dall'ampia estensione della sua controparte femminile Sigriður Torlacius, i cui contributi accentuano notevolmente i caratteri teatrali dei tanti brani mutanti, che anche grazie ad accenni elettronici e giri di basso pomposi giungono ad assumere persino colorazioni da soul-dance anni 70-80, tanto imponderabili quanto un po' fuori luogo ("7 Years" e "Water Poured In Wine").
Anche in questi casi, tuttavia, è evidente la "firma" della band, capace di trasfigurare stili e riferimenti tra i più disparati con inusitata leggerezza, attraverso arrangiamenti ricchissimi e un passo agile e disincantato, che nei momenti di maggiore ispirazione viene adeguatamente convogliato in popsong dall'elevato potenziale accattivante. Non ci sarebbe di che stupirsi nel ritrovare a breve pezzi come "Sweet Impressions" o "Stay By You" in qualche playlist radiofonica o persino in veste di colonna sonora di uno spot. L'incessante mutazione sottesa a quasi tutti i pezzi raccolti in "Terminal" non si arresta a una calligrafica rassegna di pop orchestrale, sviluppando piuttosto la polisemia corale insita in certa tradizione islandese (Benni Hemm Hemm, Rokkurró, i Múm più recenti) attraverso la colorata acutezza pop dei Grizzly Bear e il profluvio di fiati e ritmi degli Efterklang o dello stesso Sufjan Stevens.
A tutto ciò, Egilsson e compagni aggiungono molto di loro, riassunto in un'innata vocazione al musical e a una grandiosità orchestrale gestita con oculatezza tale da tradurla in inserti strumentali vorticosi e imprevedibili, ma quasi mai ridondanti e persino pronti a essere accantonati per far spazio a ballate più compunte ed essenziali (la notturna "Sonnet For Matt" e in parte la solenne "Song From Incidental Music"). Proprio in quest'ultimo particolare, oltre che nella loro spiccata sensibilità melodica, risiede la qualità più apprezzabile degli Hjaltalín, che nell'ardita e non del tutto compiuta intersezione di piani palesata in "Terminal" coniugano l'odierno pop-folk orchestrale con la teatralità di un musical assolutamente fuori dal tempo.
Sarà sufficiente che qualcuno si prenda la briga di scommettere una volta per tutte sulla band attraverso una capillare distribuzione internazionale, e di questo "Terminal" si sentirà parlare parecchio nel nuovo anno. Non senza merito.
21/12/2009