Sylvain Chauveau

Singular Forms (Sometimes Repeated)

2010 (Type)
avantgarde, songwriter

Che Sylvain Chauveau subisse il fascino delle canzoni lo si era intuito fin dai tempi dello splendido album di cover dei Depeche Mode "Down To The Bone", e qualche saggio se n'era avuto anche all'interno dell'ultimo album dei suoi Arca.
Così, dopo cinque anni trascorsi tra colonne sonore ("Nuage"), collaborazioni (quella con Felicia Atkinson in "Roman Anglais" e quella con Olivier Cavaillé nel progetto Louisville) e incerte sperimentazioni (il mediocre mini album "S" e la lunga improvvisazione "Touching Down Lightly"), lo stimato compositore francese torna adesso con un lavoro originale, nel quale approfondisce la sua ricerca di una forma sonora improntata al miminalismo, innestandovi frammenti melodici cantati o declamati con inusitato piglio da crooner.

Si tratta, dunque di "canzoni" talvolta deliberatamente incompiute o bruscamente interrotte, sottoposte al riconoscibile filtro di un Sylvain Chauveau in bilico tra l'abituale ricercatezza sonora incentrata su pianoforte e screziature elettroniche e l'ambiziosa incursione in modalità espressive "popolari", declinate attraverso un'eleganza e un timbro vocale che denotano ancora una volta un'impressionante affinità con quello di David Sylvian.
A ben vedere, il riferimento all'ex leader dei Japan non è confinato al solo aspetto interpretativo, poiché negli appena trentadue minuti di "Singular Forms (Sometimes Repeated)" ricorrono altresì quelle sospensioni temporali e quell'astratta rideclinazione del songwriting che hanno caratterizzato alcune delle sue ultime opere, così come anche le manipolazioni tra pianoforte ed elettronica riconducibili ai pluricitati Alva Noto e Ryuichi Sakamoto, ma non solo.

Al di là di ogni possibile convergenza, fin dal parziale ossimoro del suo titolo, "Singular Forms (Sometimes Repeated)" reca evidente la firma di Sylvain Chauveau fin nei minimi dettagli dai quali è costituito, che emergono man mano che ci si addentra tra i cadenzati solchi di brani scolpiti nel silenzio di note sempre più rade, imprevedibili nel loro scorrere ascetico e irregolare. Non vi è, infatti, traccia alcuna di romanticismo lungo i sette episodi dell'album, quasi tutti costruiti su tensioni latenti ma di fatto asettiche, sospese in una temperie irreale nella quale la voce di Chuaveau dialoga sovente con se stessa, stillando fonemi su un inquieto sottobosco brulicante di rumori, fremiti, loop impalpabili, e microsuoni, in movimento lento, inesorabile e sostanzialmente svincolato dalle scheletriche melodie sovrastanti.

Lo stato di immota inquietudine che caratterizza fortemente tutto il lavoro si dissolve appena negli unici due passaggi che assumono una più tangibile struttura armonica, coronando di effettiva compiutezza l'esperimento in veste di canzone sotteso a "Singular Forms (Sometimes Repeated)": è il caso dell'avvolgente intreccio tra pianoforte e vibrafono di "Complexity Of The Simple" - prossimo addirittura al narcolettico ambient-core degli Spokane - e soprattutto della progressiva costruzione armonica che segna la trasformazione di "A Cloud Of Dust" dall'ipnosi pianistica puntellata di texture spettrali della sua prima parte ai toni più elevati dell'intensa ballata affiorante nella seconda.
Dall'opera di sottrazione condotta dall'artista francese e stavolta applicata alle "canzoni", risultano dunque strutture ridotte all'osso eppure estremamente versatili nel loro incidere in profondità su miniature (dis)armoniche, vuoti e visionarie astrazioni, che confluiscono in un singolare e raffinatissimo saggio di cantautorato post-moderno.

24/03/2010

Tracklist

  1. From Stone To Cloud
  2. Show The Clear And Lonely Way
  3. The Unbroken Line
  4. Complexity Of The Simple
  5. Slowburner (With Stillness)
  6. A Cloud Of Dust
  7. I Ascended

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