Mark Fell è uno dei (non pochi) compositori della generazione elettronica digitale per cui tecnica, stile e estetica si confondono, in un modo più dettato dalle contingenze e dalla facilità di utilizzazione del mezzo digitale che da precise scelte autoriali.
Per Mark Fell ciò significa sperimentare con cavie da laboratorio senza nessuna sfumatura emotiva. In un certo senso, il suo è il tentativo puramente teorico di trasportare gli esperimenti su nastro del primo Steve Reich ("Come Out", "It's Gonna Rain", etc.) e il suo phasing (o il morphing) verso la generazione della minimal-techno e del dubstep.
Ma dove Reich in qualche modo ereditava l'arte della variazione di Bach per portare un dato materiale di partenza a una modellazione fantasiosa, Fell si arrabatta a girovagare in generi, sottogeneri e stereotipi e ad applicarvi il suo bollino di oscillazioni, modulazioni di tempo, elementari sfasamenti di battito e campione di riferimento.
Diviso in cinque parti, che potrebbero essere scambiate facilmente una con l'altra (per non parlare delle sottoparti che non confluiscono mai in suite unitarie), è il secondo album completo dello sperimentatore britannico (dopo il suo manifesto "Ten Types Of Elsewhere"), preceduto da cassette e uscite corte, di nuovo fallimentare nel coagulare un senso profondo alle sue gesta. Prima delle sue due uscite del 2010 (l'altra è "Multistability", per la benemerita Raster-Noton).
(14/02/2011)