Ulan Bator

Tohu - Bohu

2010 (Acid Cobra)
post rock

La prima volta che mi incrociai con gli Ulan Bator fu il 12 marzo del 1998.

Ancora frastornato dal tragico epilogo del terremoto grunge, seguivo con estrema attenzione gli irripetibili anni d'oro della scena indipendente italiana.

Al Palaeur (l'attuale Palalottomatica) di Roma erano di scena i C.S.I. con il trionfale tour di "Tabula Rasa Elettrificata": ad aprire le danze, annunciati personalmente da Giorgio Canali, si presentarono proprio gli Ulan Bator, al tempo sconosciuti persino ad amici d'oltralpe.

Coincidenza volle che "T.R.E." fu il frutto del celebre viaggio svolto da Giovanni Lindo Ferretti e Massimo Zamboni proprio in territorio mongolo.

L'esibizione fu indimenticabile, pregna di quel post rock che andava imponendosi come uno dei format musicali alternativi di riferimento, grazie alle splendide iniziative disseminate da compagini musicalmente illuminate quali Tortoise, June Of 44 e Mogwai, ognuna con le proprie caratteristiche peculiari.

Da allora ho sempre seguito le vicende degli Ulan Bator con affetto ed estrema attenzione.

 

Oggi, dopo sei anni d'assenza, proprio quando iniziavo a preoccuparmi per le sorti di Amaury Cambuzat e compagnia, ecco un nuovo album che rilancia la formazione francese nell'olimpo del rock che conta.

La formula nel tempo non si è granché modificata, ma nonostante tutto resta di un'efficacia da fare invidia.

Nel frattempo Cambuzat non se ne è stato certo con le mani in mano: ha creato una propria label (la Acid Cobra, già titolare di emissioni di indubbio valore), è stato in tour con i paladini del kraut Faust e ha dato alle stampe un buon Ep ("Soleils", edito nella primavera del 2009).

Nella nuova line-up, già in pista da un paio d'anni, oltre ad Amaury (chitarra e voce) figurano James Johnston (ex Bad Seeds, già alle chitarre con Gallon Drunk e Lydia Lunch), Stéphane Pigneul al basso e il nostro Alessio Gioffredi (attualmente impegnato anche con i toscani Dilatazione) alla batteria.

 

Il disco è stato concepito tra Francia, Marocco, Londra, Stati Uniti e Italia, con diverse session registrate presso lo studio varesino La Sauna.

"Tohu-Bohu" è un modo di dire francese che sta per "gran confusione", e i temi trattati nei testi sono incentrati sulla difficoltà dei rapporti interpersonali e sulle problematiche create dal web e dai social network.

Non proprio argomenti originalissimi, anzi sin troppo abusati in questi ultimi tempi, ma il magma musicale costruitovi intorno rende l'insieme assolutamente personale ed attraente.

Il mood tipico della band (ma non nominate troppo il post-rock: Cambuzat potrebbe prendersela a male) si sposa con l'urgenza di "Speakerine", con i suoni cosmici sviluppatati in "Regicide", con le atmosfericità della seconda parte di "Newgame.com", con la calma angosciante di "R136A1" e "Mister Perfect", con le bordate di sano rock espresse da "Missy & The Saviour", con l'inquietante incedere di "A T".

Ma è la title track a imporsi come il brano fondamentale dell'album, grazie al suo sviluppo lievemente più complesso, all'andamento articolato - a metà strada fra kraut e Sonic Youth - e al fastornante contributo del sax suonato dall'ospite d'onore Terry Edwards.

Tutto questo, e molto altro, prima che la ninna nanna "Donne" spedisca tutti a casa, almeno per il momento.

10/11/2010

Tracklist

  1. Newgame.com
  2. Speakerine
  3. Regicide
  4. R136A1
  5. Missy & The Saviour
  6. A T
  7. Mister Perfect
  8. Ding Dingue Dong
  9. Tohu-Bohu
  10. Donne

Ulan Bator sul web