Nati come trio strumentale nel 1999 e ormai ampliati a quintetto (Alessio Ciborio Gioffredi, Mirko Bertolucci, Patrizio Gioffredi, Alessio Pepi e Federico Meoni, ciascuno alle prese con progetti paralleli di varia natura, anche para-cinematografici), i toscani Dilatazione debuttano con “Too Emotional For Maths” (Slowmotionpinguino/Hidden Shoal, 2006), un album di placido post-rock semi-strumentale sulla scia di Giardini Di Mirò e Mogwai, ma con arrangiamenti in qualche modo calorosi (la coda di “Cendre Out”), snello nei cambi di tempo e di atmosfera (la lunga “Tutto si dimentica”) e non privo di intuizioni timbriche di rilievo.
Quattro anni dopo, la band apre con decisione a un post-rock più ardito per “The Importance Of Maracas In Modern Age”, che vira persino alla post-wave cubista dei This Heat, su cui i cinque impiantano vocals languide, come per “Dividing Goblins”, o mirabili evoluzioni di batteria, come per “Cam Merton”, o pose da jam fusion alla Weather Report per “Don’t Make That Joint”, o ancora sprint motorik con parodie strumentali (e un campione di comizio elettorale) per “Bettino Krauti”.
La dimensione intellettuale dei Can (sottili improvvisazioni ritmiche, fughe strutturate della sezione elettronica, veli di chitarre effettate) innerva la seconda parte del disco, da “Objects In Mirror Are Closer Than They Appear” a “Il motivetto ‘Tastierini’”, passando anche per la sofisticazione di “Motorino”.
I Dilatazione si concedono persino l’elegante interludio di “Exit Music (For A Western)” (una sorta di caricatura di Morricone), ma qualcosa di più al passo coi tempi arriva dalla dementhia Dan Deacon-iana dello scricciolo “Pucino” e da “Exit Poll - Marx On Mars”, un brano altamente mutante che incrocia ambient-techno, Battles in versione samba e i coretti dei Bee Gees col filtro alieno (“West Jermany 1974 - South Africa 2010” ne è una versione più ampia e articolata, con tanto di collage “concreto”).
Missato e prodotto dal complesso e da un Paolo Benvegnù (anche al sintetizzatore in “Exit Music”, rimpiazzato da Federico “Moe” Meoni per i live set) incredibilmente Albini-iano, con la voce di Samuel Katarro in “Dividing Goblins” e la post-produzione del collettivo Trydog Lab, il secondo disco dei toscani è un pamphlet demenziale dalle eccellenti premesse in cui non sempre le diverse componenti elettroniche, ritmiche e aerodinamiche, si coagulano in una superiore unità musicale. Impressiona il livello tecnico raggiunto; bravo Alessio “Ciborio” Gioffredi (anche negli attuali Ulan Bator) alla batteria.
08/11/2010