Inserire nel lettore il nuovo disco dei Blessed Child Opera è un'operazione che si fa sapendo di andare sul sicuro. In oltre dieci anni di carriera, mai una sbavatura, mai una caduta di stile per la truppa agli ordini di Paolo Messere, che ha deciso di chiamare semplicemente "Fifth" il quinto album della sua creatura. Semplicità che non si rispecchia certo nella raffinatezza del disco, ricco di intarsi e rigagnoli di ogni sorta, ma si traduce più che altro in un'apertura sempre maggiore alla propria intimità, dovuta anche al fatto che il nostro ha composto e inciso il disco quasi per intero in solitudine.
Col passare del tempo, comunque, i Blessed Child Opera continuano a convergere sempre di più verso il ghost-rock dei Piano Magic, anche se i nostri tengono nel loro bagaglio una varietà musicale che spazia su tutto il fronte del folk-rock contemporaneo e non solo. C'è meno virulenza e carica violenta rispetto ai lavori precedenti della band (su tutti il più recente "Soldiers And Faith"), a vantaggio della componente più tenue e dolente, che esalta i testi gravidi di malessere di Messere.
L'attacco di "Nothing Is In Place When It Should" ha il sapore del ritorno a casa: ritroviamo il liquido chitarrismo di matrice wave e la sensazione di eterea claustrofobia con la quale Glen Johnson ci ammalia da anni, anche se stavolta non si rifugge da un ritornello che strizza l'occhio al pop. Il banjo dona un sapore country alla ballata dark "Falling", mentre "Closed Doors" resta in bilico tra tensioni rock e solitudini folk. Il disco sale pian piano di tono, approdando a "Clear Sky Optimistic", folk-rock agrodolce nel quale duettano l'hammond di Antonio Sircana e la chitarra di Messere. "Reflection After Nothing" è una schizoide cavalcata paranoica, che apre la strada al ritorno al passato rappresentato da "I Will Find". Ma è la seconda metà del disco che ci fa sentire qualcosa di nuovo nel lavoro dei Blessed Child Opera. A partire dai violini cullanti di "Ruby Light", che danzano leggiadri nelle onde cupe delle melodie di Messere. "Between Us" sposta il disco verso un intimismo prettamente folk, prima che "Keep Me Tight" consegni il dark-rock nelle mani di un malessere quasi liturgico. Il delicato rock orchestrale di "Never To Return On Your Steps" fa da apripista alla coppia di tracce finali e vertici creativi del disco, rappresentati da "Lonely Friend", sontuosa nella sua nudità chitarra-voce, e dalla conclusiva "Promised Circle", nella quale la psichedelia sporcata di elettronica si sposa all'improvvisazione jazzy, curioso esperimento per possibili evoluzioni in nuove direzioni.
Altro passo in avanti per i Blessed Child Opera, che si rinnovano pur senza rivoluzionarsi. Con un sound più compatto che in passato e alcune gemme di assoluto livello, Messere anche stavolta non sbaglia il colpo. La critica lo osanna da anni, perché il grande pubblico ancora non se ne accorge? Album del genere non vengono fuori tutti i giorni, almeno in Italia. Commenta il disco sul forum
07/03/2011