Se a qualcuno i tempi sembravano ormai "maturi" per aspettarsi da quell'onnipresente brand industriale di nome Rihanna, che negli ultimi cinque anni ha dominato classifiche e airplay, con innumerevoli e potentissimi singoli, un progetto con dietro una concezione produttiva finalmente più rigorosa, insomma qualcosa che non suonasse soltanto come una schizofrenica raccolta assemblata per far colpo sugli ascoltatori più disparati, beh... dovrà aspettare il prossimo giro.
In effetti il suo ultimo successo, l'esplosiva "We Found Love", realizzato con l'enfant prodige delle dance inglese Calvin Harris, con cui Rihanna si è trovata perfettamente a suo agio, aveva fatto ipotizzare una svolta completamente danzereccia per la cantante delle Barbados, corroborata anche dall'ottimo riscontro di uno dei suoi singoli dello scorso anno, "Only Girl (In The World)", primo estratto da quella fucina di pezzi sbanca classifiche che si è rivelato il comunque disordinatissimo "Loud".
Tuttavia il suo oculato team, a un passo dal far raggiungere al loro prodotto nuovi record e ulteriori incassi milionari, non ha nemmeno preso in considerazione la possibilità di variare l'annuale formula vincente: Rihanna deve battere cassa, non provare a maturare (sempre che ne sia capace) o, peggio ancora, diventare qualcos'altro, magari di stilisticamente più definito e che automaticamente scontenterebbe fasce del suo pubblico.
Ce n'è per tutti i gusti, come al solito (un po' meno per chi pretende haute cuisine, ovvio); volete un altro pezzo adatto per scatenarvi sulla pista da ballo? Ecco "Where Have You Been", dove Harris e il suo alter-ego svedese Dr.Luke uniscono le forze, e il conto in banca, per creare un martellante (e tamarrissimo) ibrido tra i più recenti pezzi dance della titolare e il tormentone (sigh!) "Party Rock Anthem" dei LMFAO.
Vi intriga invece la Rihanna più morbida e alle prese con le sue radici bajan? Le solari e caraibiche "You Da One" e "Watch N' Learn" potrebbero fare a vostro caso, a patto che non vi aspettate una nuova, graffiante "Man Down". In caso però preferiate ardite ritmiche dance hall, magari imbastardite dall'elettronica, nessun problema, il ronzante interlude "Birthaday Cake" e la curiosa "Cockiness", con un'inedita (per lei) petulanza di stampo Destiny's Child, stanno apposta in track-list.
E poi le ballatone da cantare in coro certo, non devono mancare mai. Ce n'è una a tinte più acustiche da falò sulla spiaggia (l'alquanto banale "We All Want Love"), una sontuosa à la Beyoncé (la comunque bolsa "Farewell") e un'altra ancora da seducente dark lady ("Drunk On Love"), con atmosferica baseavvolta da un mare di synth: gentile concessione di The XX la prima e dei fidatissimi Stargate il secondo.
Stavolta però questi ultimi sembrano essere un po' a corto di nuove idee sonore, come si evince anche da "Roc Me Out", praticamente una rivisitazione dell'ormai classica "Rude Boy", seppur con meno retrogusto reggae. Poco importa, il pezzo è tosto e, c'è da scommetterci, funzionerà comunque benissimo, così come l'electro-urban, canonico ma efficacissimo, della voluttuosa title-track (nuovamente in coppia col suo mentore Jay-Z).
È bella e sensuale, Rihanna, e soprattutto non maschera il suo essere mero prodotto industriale con intellettualismi preconfezionati, dimostra anzi di avere personalità e versatilità interpretative piuttosto marcate. Verrebbe quasi voglia di perdersi, innamorati, in un suo disco, uno qualsiasi (non farebbe molta differenza), ma no, nemmeno stavolta è impresa facile.
Non affrettatevi ad ascoltarlo adesso, questo "Talk That Talk", non è necessario, lo assorbirete poco a poco durante tutto l'anno, tramite radio, tv e discoteca: di sicuro diversi suoi pezzi, presentati singolarmente, assumeranno miracolosamente un sapore migliore di quello di un inconcludente minestrone.
14/11/2011