Nel dopo Jeff Mills la techno è stata dominata, per un decennio, da quella che è conosciuta come minimal-techno. Minimal non nell'accezione poco verbosa e molto acida di Robert Hood e nella sua figliazione più trance di Joey Beltram, ma come devoluzione della rivoluzionarietà che questa musica ha sempre saputo portare con sé dalla nascita. Minimal è Hawtin, Villalobos, M-nus e una caterva di anonimi, plastici e poco appassionanti produttori. Per molti anni si è andati avanti flirtando con il vuoto, l'assenza di profondità, poi con le freschezze house nell'orribile binomio tech-house per giungere a giorni più vicini con le infiltrazioni - sempre più presenti - di componenti ambient prese dal circuito Deepchord e più ampiamente dalle produzioni dub-techno.
Dall'avvento della berlinese Ostgut Tontager, label figlia del noto locale Berghain, si sono riproposti largamente temi e suoni riconducibili all'esperienza detroitiana dei due colossi citati pocanzi, portando al pubblico una nuova ventata di "violenza". In questi sviluppi, ondate, mode e incomprensibili involuzioni c'è chi non ha mai distolto lo sguardo dall'energia e dalla durezza: Surgeon. "Breaking The Frame", edito per la personale Dynamic Tension, rivendica una terza strada sopita da diversi anni: l'esplorazione. Surgeon esce dal seminato che ha percorso fieramente con pubblicazioni sempre di livello, figlie di una passione mai discussa, allontanandosi da se stesso e dal ritorno di un suono kick-driven (Andy Stott e il suo uso del sidchain) che da sempre hanno contraddistinto l'inglese (si ascolti il monumentale Bunker Podcast, un'ora e più di techno mai così aggressiva).
Il disco è techno nel senso più intellettuale del termine, è musica scritta e composta con ispirazioni collocate altrove e che in nessun modo sono riconducibili a un'estemporaneità o al tool da dancefloor, ispirazioni che portano i nomi di Alice Coltrane, La Monte Young, Terry Riley.
09/02/2012