And 10 years fly
The August sun still tries to burn our eyes
The same old mountainside is where we’re going
He stays young,
we watch the grass keep growing
Despite the sun it's always snowing in our hearts
da “10 Years”
Assuefatti allo struggimento, ma con carattere. Si potrebbe sintetizzare così il ritorno in pista dei redivivi Earlimart, a quasi un lustro dalla precedente sortita. In patria parte della critica non ha accolto proprio a braccia aperte questa prima uscita autodistribuita (etichetta The Ship) dei losangelini e ha anzi rinfacciato loro di non saper più osare come un tempo, con ovvio riferimento agli esordi rumorosi di "Filthy Doorways"
(anno 1999) e
"Kingdom of Champions" (del 2000) ma anche alle spigolose inquietudini dell’ottimo "Everyone Down Here" (2003), ad oggi la loro opera più convincente.
In realtà il sodalizio artistico di Aaron Espinoza e Ariana Murray non cambia fisionomia da parecchi anni, giusto quei (quasi) dieci che ci separano dalla dipartita del loro mentore e amico fraterno
Elliott Smith, esplicitamente evocato come “fantasma nel cuore” in uno dei passaggi più toccanti di questo loro settimo Lp.
La virata verso luci più soffuse e sonorità più morbide è in fondo già storia e risale ai tempi di "Treble & Tremble", album erroneamente salutato come un tributo all’ex-
frontman degli Heatmiser e di fatto autentico crocevia per l’evoluzione degli Earlimart da compagine audacemente rock a duo dalle marcate inflessioni
spacey e
chamber-pop, formula poi riproposta con profitto da numerosi e meno talentuosi epigoni quali Submarines,
Viva Voce e Mates of State, solo per citarne alcuni.
Per chi immaginava ormai archiviato, con "Mentor Tormentor" e il modesto "Hymn And Her" ogni palese debito di riconoscenza, riecco il malinconico spettro di Smith che torna ad aleggiare prepotente in un paio dei nuovi episodi, la filastrocca dolceamara di “Sweater Weather” e l’ipotiposi acustica di “Crestline, Ca”, davvero impressionante per aderenza al modello. Soltanto due eccezioni, per quanto significative.
Aaron e Ariana dimostrano infatti di non voler esaurire questo loro ritorno in un ulteriore quadretto di estenuato romanticismo e confezionano un disco placidamente notturno e ricco di fascino, un po’ come "Telepathic" dei
L’Altra lo scorso anno, ma con più cuore. Forte dell’ennesimo sforzo (auto)produttivo di assoluto pregio (merito di una decennale gavetta al servizio di colleghi del calibro di Jay Farrar,
Ben Gibbard,
Devics e
Sea Wolf), "System Preferences" si rivela un lavoro
easy-listening di grandissima concretezza, sorta di
concept sull’accettazione disillusa della tecnologia, ma anche, per citare i suoi autori,
colonna sonora per un triste e bellissimo mondo, indiretto omaggio all’altro spirito affine
Mark "Sparklehorse" Linkous.
Dodici canzoni a tutto tondo, semplici ma infettive, che saltabeccano dalla giocoleria revivalista à la Brendan Benson (“Lovely Mary Ann”) alle ballate gentili e sfuggenti (“Get Used To The Sound”, “Shame”), dai tenui acquerelli indie-pop di marca
yankee (qualcuno ricorda gli Headlights?) a soluzioni flemmatiche più prossime ai
Piano Magic (“A Goodbye”) ma senza solennità meccanica o toni funerei.
Ad impressionare in tutti i casi è la limpidezza della scrittura e delle melodie, una qualità che non conosce cali anche nei rari frangenti in cui risulta fisiologicamente maggiore il peso degli automatismi ed un Espinoza in grande spolvero sembra tirare il fiato.
Non deve stupire che gli Earlimart di oggi si spendano alacremente per scrollarsi di dosso la limitante etichetta di band perfetta per le serie televisive di ambientazione ospedaliera, cui qualche prestito avventato di troppo pareva averli condannati: la stereotipizzazione del carino proposta come fondale sonoro agli amorazzi nelle fiction è punizione troppo severa per musicisti che una personalità espressiva, magari non sempre di prima mano, l’hanno comunque mostrata.
Allo stesso modo non deve stupire come i sottili barbagli elettronici, la leggerezza di fondo e quell’unica movimentata licenza dalla
comfort zone del disco (l’irresistibile “Internet Summer”, che sembra una preziosa
outtake da "
Just Like The Fambly Cat") siano quasi più
grandaddiani dei
Grandaddy stessi. Sono passati solo due anni dall’estemporanea decompressione offerta dal progetto
Admiral Radley, supergruppo che ha visto Aaron e Ariana unirsi a
Jason Lytle e al fidato Burtch per il classico ritrovo goliardico tra vecchi amici.
A giochi fatti, non si può negare loro che quel pieno di energia abbia giovato, eccome.
22/12/2012