Flume

Il nuovo crossover degli ultimi anni sembra essere quello che unisce il sole al buio, attraverso dosi di buon umore che diventano malinconia e viceversa. Insomma si parla di r'n'b e soul, che vanno a sposarsi con le atmosfere  notturne del dubstep - un connubio stravagante che in alcuni casi è del tutto scadente e forzato, mentre in altri funziona molto bene. Come esempio si possono tirare in ballo i lavori recenti di Stumbleine e di Toro Y Moi, dischi più che mai godibili e che in alcuni episodi fanno centro in maniera irresistibile.

Altro nome ora da segnarsi in agenda è quello del giovane australiano Flume che, fresco di contratto con la Transgressive, si presenta con un omonimo esordio accattivante.
Nel suo frullatone artistico si trovano ospiti alla voce personaggi maschili (tra cui T.Shirt in “On Top”, Chet Faker in “Left Alone”) e femminili (George Maple in “Bring You Down”, Alex Ward in “Insane”) le cui ugole hip-hop e r'n'b vengono effettate con delay, chorus e vocoder vari, rendendo così ancor più astrale il già dinamico sound.

Questo ventunenne australiano si è fatto le ossa nei club più trendy, ballando tanto dubstep, ma contempraneamente ha preso appunti su come commistionare questo suono anche con altri stili.
Tale studio viene dunque espresso in questo primo lavoro che suona godibile e furbetto, perché mette dentro soluzioni che possono piacere sia alle ampie platee “modaiole” che al pubblico più di nicchia proprio per le sue intrusioni in certe dinamiche più intimiste come in “Space Cadet” e “Bring You Down”, un episodio che lascia immaginare quasi il dream-pop Cocteau Twins versione party 2013.

Flume rappresenta una giovane generazione che lascia intravedere curiose evoluzioni per il futuro dell'elettronica, ma anche una maturità tutta da conquistarsi.

25/02/2013