In termini di hype, i Palma Violets oggi come oggi non temono rivali. Sono state sufficienti – si fa per dire – le lodi sperticate di Nme, che ha decretato la loro “Best Of Friends” miglior brano del 2012, e una brillante apparizione nel salotto di Jools Holland per accendere i riflettori di tutto il mondo sulla band di Lambeth, sobborgo della periferia londinese.
Non bastasse, a chiudere il cerchio ci ha pensato la Rough Trade, imprimendo il proprio marchio su “180”, numero che corrisponde al civico presso il quale i nostri sono soliti organizzare festini e concerti, e che ora fa anche da sfondo tipicamente brit alla copertina del disco di esordio.
Il primo Lp, prodotto da Steve Mackey dei Pulp e Rory Attwell dei Test Icicles, era dunque chiamato a rispondere all'amletica domanda: ci troviamo davvero di fronte all'ennesima “next big thing” d'oltremanica oppure a una cocente delusione? La verità, ancora una volta, sta nel mezzo: né l'una né l'altra. Nei quaranta minuti di “180” c'è un intero breviario del rock albionico degli ultimi trent'anni, tra accelerazioni punk, sparuti echi new wave e le ombre lunghe degli attori del brit-rock contemporaneo – Glasvegas, Libertines ma soprattutto Vaccines – rispetto ai quali si differenziano solo grazie a un suono un po' meno politicamente corretto, ricco di chitarre garage, linee vocali sporche, charleston aperti e tappeti di organo.
Seppure in presenza di qualche spunto degno di nota, nel complesso l'album non convince appieno: la sensazione è che il materiale a disposizione bastasse per un Ep di 4-5 pezzi, il resto è riempitivo. Non per niente Chilli Jesson (basso e voce), Sam Fryer (chitarra e voce), Peter Mayhew (tastiere) e Will Doyle (batteria) si giocano buona parte degli assi all'inizio dell'album, che si apre - programmaticamente - sulle note di “Best Of Friends”, il biglietto da visita con il quale hanno già aperto le porte che contano.
Segue a ruota il secondo singolo “Step Up For The Cool Cats”, un organo solitario a introdurre un pezzo di puro stampo Vaccines. “All The Garden Birds” si ammorbidisce in chiave pop-rock in odore di Libertines (più avanti “Last Of The Summer Wine” ammicca a Pete Doherty persino nel titolo), molto meglio la genuina scompostezza di “Rattlesnake Highway”, che sconfina – più che altro per attitudine – in ambito punk-rock. “Chicken Dippers” omaggia i Glasvegas, “Tom The Drum” si spinge ben più lontano, cimentandosi – quasi fosse diventato un obbligo - con i Joy Division. “Johnny Bagga' Donuts” è l'ultimo squillo in salsa rock'n'roll prima di un finale con il fiatone, tra idee riciclate (“I Found Love”), ballate pseudo-alcoliche (“Three Stars”) e gli otto minuti di “14”, caratterizzati dall'interminabile jam session conclusiva.
“180” va preso per ciò che è: un disco ben suonato, prodotto alla perfezione, al passo con i tempi ma privo di novità sostanziali e incline ad annoiare sulla lunga distanza. Un esercizio di stile, più che un esordio col botto.
20/02/2013