Se corresse l'anno 1984 nessuno si sorprenderebbe di "Euphoric /// Heartbreak", seconda prova degli scozzesi Glasvegas: la struttura sonora imponente sarebbe salutata come elegiaca, la limpida sequenza di hit-single come un'autentica conferma di talento. In verità, anni di basso profilo hanno distolto l'ascoltatore dalla logica di una musica pop-rock che abbracci passione e leggerezza, tanto che l'immediatezza non è più un valore ma un passo incerto su cui arenarsi.
Nessuna paura, i Glasvegas sono ancora posseduti da un'ispirazione viscerale e autentica, che cerca solo di contattare il tormento di una generazione che vive una sessualità decontestualizzata e incerta: questo rende difficile accettarli come gli eredi dei Jesus & Mary Chain, ma non come uno dei pochi gruppi capaci di superare il provincialismo della nuova pop-music.
I sogni di James Allan e dei suoi Glasvegas sono diventati a colori in "Euphoric /// Heartbreak", il robusto cromatismo di grigi dell'eccellente esordio ora chiede ascolto, e lo fa contaminando il loro wall of sound con suoni più ricchi di enfasi.
Come un remake di fantascienza, la musica dei Glasvegas ripropone incubi e tormenti che tolgono il respiro e cercano nuovo sangue. Un leit-motiv anima le tracce, il dubbio dei desideri, il rimpianto e i ricordi, che scivolano come sogni senza attori, aspirando a una rinascita emotiva.
Cascate di synth su tracce di cupo romanticismo realizzano un sound meno pulito e flebile dell'esordio, i riff mostrano cedimenti lirici, ma anche i brani più vulnerabili come "Shine Like Stars" e "Dream Dream Dreaming"restano solidamente ancorati nelle emozioni.
La presenza di Jonna Löfgren, batterista di nuova acquisizione, è fondamentale per comprendere la nuova idendità sonora dei Glasvegas, la malinconica "Whatever Hurts You Through The Night" racconta di donne e lesbismo citando Thelma & Louise mentre synth a cascata scorrono su morbide basi ritmiche, quasi un matrimonio tra gli Ultravox di "Vienna" e i Cocteau Twins di "Heavean Or Las Vegas".
Il pop dei Glasvegas è innegabilmente legato a sonorità anni 80, un briciolo di U2, alcune tracce dei primi Echo & The Bunnymen, ma resta fondamentale la loro attitudine al rock 'n' roll era-Phil Spector in brani come "You" e "The World Is Yours".
L'omosessualità, come centro emotivo di una generazione, concentra molte tematiche dei brani inducendo James Allan a sottolineare con maggior cura le parole, ed ecco che il cantato diventa meno verboso e più descrittivo, il pianto è ora un grido, la dolcezza è disperazione, mentre le strutture shoegaze si fondono con l'elettronica che trasforma la verve adolescenziale dell'esordio in un salto a ostacoli verso la maturità.
"I Feel Wrong (Homosexuality, Pt. 1)" e "Stronger Than Dirt (Homosexuality, Pt. 2)" affrontano il rischio della prevedibilità, parlando invece con inaspettato distacco e senza condiscendenza di sessualità diverse e passioni omo, un patrimonio emotivo insidioso disteso tra pulsanti suoni di basso e synth, che fanno oscillare il ritmo con un piacevole lirismo, liberando le parole dalla gabbie emotive.
Non credo che "Euphoric /// Heartbreak" sia destinato a convincere i detrattori del gruppo, anzi l'album mostra una autorevolezza e un'energia che potrà far gridare al tradimento della loro prima incarnazione musicale - la musica dei Glasvegas resta ancorata a una visione pop emotiva e coinvolgente, tanto che non sorprende cogliere echi dei Duran Duran in "The World Is Yours" o dei Depeche Mode in alcune soluzioni sonore.
I Glasvegas affidano canzoni ambiziose come "Euphoria, Take My Hand" alle abili mani di Flood, il quale reinventa il loro soundscap, mentre James Allan sembra svendere la sua arte e anche i suoi affetti in "Change" coinvolgendo la voce della madre. Se questo sia frutto di scaltrezza o ingenuità non è ancora ben chiaro, ma il gruppo possiede ancora il dono della creatività degli esordi, il tono più deciso del loro secondo album apre senz'altro scenari nuovi, la loro musica resta sempre ancorata alla forza emotiva di un romanticismo che può irretire, ma non lasciare del tutto indifferenti.
13/04/2011