Antologia in doppio cd molto attesa dagli appassionati e ascoltatori musicali più attenti e preparati, questa appena uscita per la francese Infrastition (su licenza dell’americana Independent Project) che raccoglie tutto ciò che i misteriosi losangelini Red Temple Spirits incisero in soli due anni di attività, ovvero dal 1987 al 1989. Di loro si parla spesso in termini quasi mitologici, essendo stati riscoperti solo da pochissimi anni, dato che i loro due Lp passarono quasi completamente inosservati, sia in Italia che nel resto del mondo, all’epoca del loro apparire sul mercato. Federico Guglielmi scrisse qualcosa in merito alla scena della Independent Project sulle pagine del Mucchio Selvaggio e, successivamente, su Velvet (un suo articolo è stato ora ripubblicato sulle nostre pagine) e lo stesso accadde su Rockerilla (non ricordo se a firma di Campo o di Baroni). Trouser Press e Piero Scaruffi furono gli unici che, oltreoceano, scrissero dettagliate note sui dischi dei Red Temple Spirits, alimentando così in questa era di internet il crescente interesse verso quei capolavori.
Spesso accomunati ai loro “cugini” Savage Republic, per via della stessa etichetta discografica, regione geografica e genere di appartenenza, anche loro seppero unire in maniera altamente creativa la psichedelia più trascendente a trame musicali tipicamente post-punk. Sarà un caso, ma anche “Red Temple Spirits – The Complete Recordings” esce in sole 500 copie numerate, esattamente come “Dancing To Restore An Eclipsed Moon” (Nate Starkman & Son 1988), uno dei dischi più importanti di tutti gli anni Ottanta e uno dei massimi capolavori della psichedelia tutta.
Dal dark-punk tribale di “Exorcism/Waiting For The Sun” e di “Dark Spirits”, agli aromi mediorientali di “Dreamings Ending” fino alla spettacolare danza rituale di “Moonlight” e ai versi di uccelli e animali (un po’ come fecero venti anni prima i Pearls Before Swine) che fanno da sottofondo alle magiche melodie esotiche di “Where Merlin Played” e “Liquid Temple”, ogni singolo episodio fa storia a sé.
Il culmine si ha nella lunga e sublime trance che chiude il disco, “Light Of Christ/This Hollow Ground”, dove della “musique concrete” povera si fonde a meraviglia con i pochi accordi stratificati e spaziali di chitarra e al canto riverberato. In quest’album, sperimentazione psichedelica e poesia pura costituivano un tutt’uno formidabile e forse irripetibile. “If Tomorrow I Were Leaving For Lhasa”, uscito l’anno successivo sempre per la Nate Starkman & Son, rettifica di parecchio il suono, privandolo dell’improvvisazione e della sperimentazione. Gli unici brani in cui si riconosce il loro autentico genio sono “Dive In Deep” e “Confusion”. Sempre a un buon livello paiono essere l’ipnotica “Soft Machine”, l’incalzante “Confusion” e “Alice”. “A Black Rain” poteva essere di Siouxsie and The Banshees, mentre assai banale è proprio il brano posto in apertura del disco, “City Of Millions”. Non mancano delle buone cover di classici dei loro maestri Pink Floyd e 13th Floor Elevators.
Anche di questo album parlarono in pochi e dopo il singolo “New Land” (Independent Project 1989), di cui è apprezzabile soprattutto il suo retro, “Exodus From Lhasa” (melodia circolare degna dei migliori Ozric Tentacles e sonagli sparsi a mo’ di percussioni). Dopo di che, i destini dei loro componenti si persero nella notte dei tempi, nonostante che con soli due dischi, aprirono le porte a tanti sperimentatori psichedelici di ieri, di oggi e anche del prossimo futuro. Non ci risulta che questa doppia antologia sia distribuita in Italia, quindi, ci si dovrà rivolgere al mercato su internet o nei negozi di dischi che praticano import. Il suo prezzo è elevato, ma trattasi di una confezione grafica davvero splendida (com’è nello stile di Bruce Licher della Independent Project): involucro cartonato con “letterpress” in oro, cd custoditi in sottile carta filigranata ed eleganti fogli pieghevoli come booklet. Da non sottovalutare anche il remastering di Roger Seibel. Da avere ad ogni costo.
02/04/2013