Lo avevamo notato l'anno scorso, Bruno Bavota. L'avevamo notato per caso - perché sarebbe sbagliato prendersi finti meriti – per una di quelle fortuite coincidenze che un tempo erano il sogno nel cassetto di qualsiasi musicista alla ricerca di visibilità, quando una recensione positiva poteva davvero cambiare la vita. E sul suo “La casa sulla Luna” non avevamo nemmeno speso parole d'oro, convinti oggi a maggior ragione si trattasse del doveroso primo assaggio non ancora in grado di esprimere appieno il potenziale del suo autore. Ma quel brio, quella spontaneità quasi ingenua, quella “facilità” intesa come apertura ed estroversione avevano reso impossibile non voler bene a un musicista che sembrava portare una bandiera con affisso lo status di promessa.
A distanza di nemmeno un anno, le cose sono cambiate, e parecchio. Dalla benemerita e nostrana Lizard, il pianista ha spostato il suo giaciglio presso l'irlandese Psychonavigation, da sempre attivissima nell'accasarsi talenti nostrani che nel Belpaese continuano a incontrare difficoltà d'ogni genere anche solo a campare di musica. Bavota, dal canto suo, ha compiuto l'atteso e previsto salto di qualità, lasciando a casa l'Ensemble con cui aveva firmato i suoi lavori precedenti e imbracciando personalmente la chitarra, sia classica che acustica. Un passo avanti decisivo per quel che riguarda l'aspetto esecutivo, che si affianca manco a dirlo a un'evoluzione nell'intensità e nella suggestione delle partiture.
“The Secret Of The Sea” arriverà nei negozi ad aprile, e con tutta probabilità non per caso. Tanto il suo predecessore era un disco dal clima estivo, tanto fra questi dolcissimi e disarmanti arpeggi sembrano materializzarsi distese di fiori coloratissimi, in dialogo armonioso con le mareggiate di delay e riverberi e le gocce di rugiada del pianoforte. Nell'alba di “Me And You”, probabilmente il brano più bello e toccante della raccolta, il crescente calore del sole è mitigato da una brezza leggera, un soffio che si fa vitale nel volo pindarico di “Hidden Lights Through Smoky Clouds” e maestoso nella rivelazione della title track, uno dei vertici dell'intero lavoro. Il cielo limpido e terso di “Les Nuits Blanches” si cosparge presso di stelle nel crescendo di “Constellations” per poi spegnersi nuovamente nell'intimità chitarristica di “If Only My Heart Were Wild Like The Sea”.
Il primo perno in ordine di tracklist va però a trovarsi nello spartiacque di “The Man Who Chosed The Sea”, dove le note imponenti del pianoforte vanno a riprodurre con l'aiuto delle percussioni, stavolta utilizzate in maniera ineccepibile, lo spegnersi sulla sabbia di onde impetuose, pronte ad acquietarsi fino a radere la calma nel finale in rallentando di “Chasing Stars”. “The Boy And The Whale” è quasi una tardiva iniziazione, un focus sul lato intimo che affianca il notturno magico di “Northern Lights” e l'inchino alla malinconia di “Plasson”. Immagini di una natura selvaggia che scorrono vivide, a suggellare definitivamente il talento cristallino di Bavota e la possibilità di trovare una strada validissima oltre ciò che la new age (o come sarebbe più corretto e rispettoso definirla, contemporary instrumental) seppe offrire.
21/02/2014