Piccoli indie-kids crescono. Ma non perdono la loro ingenuità, come nelle fiabe. E quella dei Bombay Bicycle Club potrebbe essere la fiaba del brutto anatroccolo, per il cammino che li ha visti passare da una scialba imitazione dei Vampire Weekend a una bella realtà squisitamente pop, come dimostra questo “So Long, See You Tomorrow”.
Dismesse quasi del tutto le velleità indie-rock, che pure tre anni fa avevano prodotto risultati dignitosi in “A Different Kind Of Fix” (merito del lavoro in cabina di produzione da parte di Ben Allen), la band torna con un electro-pop che sprizza entusiasmo da tutti i pori. Ancora una volta è curatissimo il lavoro in fase di produzione, una sorta di incrocio tra ritmiche r’n’b/hip-hop e la cristallina perfezione timbrica dei Fleetwood Mac del periodo “Tango In The Night”, saccheggiati a piene mani ormai da mezzo mondo indie. A esemplificare questa bizzarra associazione ci pensa da subito il bellissimo singolo “Luna” (in cui interviene la radiosa voce di Lucy Rose a duettare con Jack Steadman, leader della band), con la sua vertiginosa linea di basso e i suoi beat bombastici, graziati da una melodia euforica che sembra discendere dai Friendly Fires degli esordi.
Togliamoci subito il dente: il disco non è completamente riuscito. Dopo “Luna” si nota un calo abbastanza evidente, tra brani pretenziosi (l’orientaleggiante “Feel”, la (troppo) lunga title track) e lenti evitabili (“Eyes Off You”). Fine delle critiche. Concentriamoci, invece, sulla restante metà del disco, che è ottima e offre vari spunti interessanti. A partire dall’utilizzo dei sample, ingegnosi e sofisticati, quasi sempre attinti da una sfera esotica (e qui sicuramente ha giovato l’influsso dei viaggi in Africa e Asia che Steadman ha fatto negli ultimi anni). A pensarci bene, non stonerebbero nelle mani di qualche produttore mainstream o giù di lì (sono sicuro che ai TNGHT piacerebbe molto questo disco); prendete l’iniziale “Overdone”, ad esempio, in cui i violini cut & copied, manipolati in un loop continuo, creano un effetto spiazzante, amplificato dai beat più che mai franti e irregolari. In realtà tutti i brani migliori di “So Long, See You Tomorrow” vivono di una grande varietà interna di suoni contrapposti. “Carry Me” ad esempio, in mano ai These New Puritans sarebbe diventato brano tagliente e marziale, invece i Bombay Bicycle Club ci montano su l’ennesimo spettacolo esotico e colorato, finendo piuttosto dalle parti di Alt-J ed Everything Everything.
Se i tanti nomi citati in questa recensione dovessero farvi pensare all’ennesimo disco copione e poco ispirato, sappiate di essere fuori strada: i Bombay Bicycle Club, pur cavalcando l’onda del momento, contaminando l’indie-pop con influenze disparate, tengono sempre bene in mente due punti essenziali: melodia e fruibilità. La produzione stratificata e massimalista abbellisce, arricchendole, melodie che già di per sé sono iper-catchy (vedi “It’s Alright Now”, che sarebbe in heavy-rotation in un mondo equo). Ed è qui che i Bombay Bicycle Club vincono la sfida, laddove i Delphic di "Collections", forse in preda a una certa presunzione, topparono. L’entusiasmo e la voglia di fare prevalgono sulla pretenziosità, e se non tutto è perfetto, è per la solita, beata ingenuità.
06/02/2014