C'è sicuramente della fantasia e dell'esoterismo indie nel nome che il gruppo di Leeds si è scelto. Se si è possessori infatti di un Mac, premendo insieme il tasto "Alt" e quello della lettera "J" si ottiene il simbolo "Δ" (non su tastiera italiana, però; ndr), che in matematica significa cambiamento, mutazione. Questo giochino senza dubbio è intrigante e fantasioso poiché, una volta svelato il motivo di questa sigla, ci si attende un qualcosa di innovativo e spiazzante nel contenuto artistico.
Gli Stadio cantavano "Generazione di fenomeni" e, negli ultimi tempi, sembra esserci un ricambio continuo proprio di funamboli che durano lo spazio di un disco e di qualche mese, salvo poi essere sostituiti da altri presunti geni della musica. Almeno, così tendono a venderla alcuni giornali specializzati e i giovani nerd sempre a caccia della nuova sensazione che, proprio attualmente, hanno trovato negli Alt-J il gruppo da incensare per creatività.
Dunque, con tante aspettative a riguardo, ci si approccia al disco quasi ci si trovi al cospetto del Sacro Graal del nuovo decennio, e invece... E invece succede che già dalle prime battute si intuisce che si è all'ascolto di un altro bluff indie, di quelli millantati come capolavori e che invece sono semplicemente di buon intrattenimento.
Il gruppo infatti prende spunto dalla scrittura di successo folk-pop dei Fleet Foxes per agganciarci un cantato tra hip-hop e soul che può richiamare alla memoria B-Real dei Cypress Hill per la tonalità nasale.
Il disco vive tanto di ballate pastorali che utilizzano però anche il linguaggio del rock quanto di un'elettronica downtempo in certi casi vicina agli insegnamenti di Four Tet. La strumentale "Intro" e la successiva a cappella "(Interlude 1)" tendono a sottolineare quali sono i due ingredienti ben precisi del disco che, dalla terza "Tesselate", vengono uniti insieme per dare forma al contenuto di "An Awesome Wave". Ci si chiede però quale sia l'innovazione e il cambiamento che si dovrebbe cogliere in questo esordio - semmai, al massimo, può destare simpatia il tentativo di contaminare il folk con qualche altro suono e timbro vocale, ma nulla più.
Le tredici canzoni sono gustose ma nemmeno troppo coinvolgenti, e il risultato finale fa nascere la domanda sul perché gli Alt-J siano considerati come un'evoluzione e una novità. Rispetto a cosa? Se si pensa "rispetto alla musica", allora, scatta una fragorosa risata.
05/07/2012