Il buon Martyn Bates, insieme al suo compagno d'avventure musicali Peter Becker, non è mai stato particolarmente fortunato con la sua creazione Eyeless In Gaza (nome preso in prestito da un famoso romanzo di Aldous Huxley), durante tutta la prima metà degli anni Ottanta. La critica americana, in particolar modo, non è mai stata tenera con loro, sebbene Bates e Becker potessero contare su un piccolo seguito di fedelissimi qui in Europa. Lo status di "cult band" se lo sono guadagnato a posteriori, quando ormai il duo era sciolto. A conti fatti, gli Eyeless In Gaza non erano assolutamente da buttare, anzi, a loro le qualità e il coraggio non mancavano. Il loro maggiore pregio fu quello di essere particolarmente originali rispetto a tanti altri gruppi di quel periodo. Magari musicalmente non erano eccezionali, ma di sicuro, riuscivano a (non) copiare meglio di altri. La Cherry Red (che fu l'etichetta che li scoprì, ai tempi) ha pensato bene di riordinare tutte le loro prime registrazioni in questo ottimo box riassuntivo di ben 4 cd.
"Photographs As Memories" (1981) fu il loro primo album, destinato a rimanere come il loro capolavoro e archetipo di tutto ciò che Bates e Becker produrranno in futuro (ripetendosi purtroppo parecchie volte, senza dire granché di nuovo). "Seven Years" è il loro "anthem" per eccellenza, un misto di salmo mediorientale e un'incalzante ballata indie-folk. "Fixation" e "No Noise" sono due nenie notturne chiaramente influenzate dai Suicide, sebbene il risultato sia più rassicurante che angoscioso. I climi decadenti degli Ultravox! di "Looking Daggers" e il synth-pop alla Soft Cell di "Clear Cut Apparently" sono i loro esperimenti in chiave prettamente new wave. Il funk industriale alla Clock Dva di "John Of Patmos", la stramba melodia alla Cars di "A Keepsake" e il "meta-rock" in miniatura di Bill Nelson in "Knives Replace Air" rappresentano lo zenith del disco.
"Caught In Flux" (1981), uscito a pochi mesi di distanza dal primo Lp, risulta un episodio interlocutorio, dato che riprende le stesse tematiche del disco precedente, senza aggiungere grosse novità. Fanno eccezione la melodia minimalista di "Scale Amiss", la spigliata "The Decoration" (molto vagamente Neu!), la melodia spaziale di "Half-Light" e l'eterea "Every Which Way". Pure nell'Ep allegato alle prime stampe in vinile dell'album, "The Eyes Of Beautiful Losers", c'è poco da menzionare. La produzione di John A. Rivers (che in seguito lavorerà con i Love And Rockets e i Dead Can Dance) è assolutamente impercettibile.
Il periodo di stasi creativa continua con "Drumming The Beating Heart" (1982), dove si fanno ricordare solo lo strumentale "Dreaming At Rain" e la melodrammatica "One By One". "Pale Hands I Loved So Well" (Uniton 1982), solitamente bistrattato dalla critica ufficiale, è in realtà il disco che contiene alcuni dei loro arrangiamenti più bizzarri ("Warm Breath", "Blue Distance", "Sheer Cliffs"), tanto da fare invidia a quelli dei Legendary Pink Dots.
Il box si chiude con un consueto cd di rarità, che per fortuna non contiene solo riempitivi. Sono qui inclusi i brani più salienti della raccolta "Back From The Rains" (Cherry Red 1986) e i tre ruvidi brani dei primo singolo "Kodak Ghosts Run Amok" (1980). Nel folto mucchio, si fanno notare le gemme melodiche di "Scent On Every Air", "Drumming The Beating Heart" (uno dei capolavori di Bates), "You Frighteen" e l'esperimento elettronico di "Three Kittens". "Invisibility" e "The Feeling's Mutual" suonano come una curiosa variante lo-fi del synth-pop degli Human League. Ottimo è il livello di masterizzazione di Alan Wilson, ma assai scarso di note (praticamente inesistenti) il libretto accluso.
26/08/2014