Se stessimo parlando di un folksinger nato a Wichita o a Stratford-upon-Avon, sarebbe già sulla bocca di tutti, con Pitchfork in prima linea. Ma Fabrizio Cammarata è di Palermo e se questo dato geografico da un lato è il suo punto forte, dall’altro è un limite per il genere musicale che offre al pubblico italiano. L’aspetto negativo del vivere nella periferia dell’alternative-pop è che fai fatica a emergere nei mercati forti (Inghilterra e Stati Uniti), ma Cammarata – giramondo per vocazione – non si lascia scoraggiare e porta in giro il suo verbo “caldo e sincero” in festival prestigiosi come il SXSW. Il vantaggio risiede invece nella capacità di coniugare fascino mediterraneo e sguardo ampio, ritmi latini e movenze à-la Elliott Smith, come se il cuore di Portland battesse tra i vicoli della Vucciria e i nervi tesi del soul di casa Stax animassero paesaggi fatti di cieli limpidi, terre riarse e tavole azzurre che si perdono all’orizzonte.
Già dal debutto, a nome Second Grace, Fabrizio aveva conquistato gli ascoltatori con quel mix di malinconia hipster e sensualità caraibica (riascoltate a tal proposito “Antanarivo”), ora che è giunto alla quarta prova in studio il giovane troubadour della Kalsa getta il cuore oltre l’ostacolo. “Skint And Golden” (letteralmente “al verde e dorato”) è un sogno masticato per oltre 10 anni, la collaborazione con un vecchio amico e concittadino che ha tentato (e raggiunto) la fortuna a Manchester: si chiama Paolo Fuschi, è un ottimo chitarrista, suona un po’ con tutti (da Peter André a Sam Gray) e soprattutto condivide con Fabrizio la passione per le movenze striscianti e bollenti della soul music. Era ora che i due si unissero e complice il fermento delle due città (Manchester e Palermo) che offrono musicisti di livello, studi e innumerevoli spunti d’ispirazione, il sogno è potuto diventare realtà.
“My Salvation” apre il lotto col piglio giusto: ghirigori seducenti dalla sezione ritmica, timbro ammiccante e coretti dal sapore retrò; “I’ll Be There Again” fa ancora meglio, con quell’incedere pigro e solare che – insieme alla voce pastosa di Cammarata – ci riporta alla memoria Ben Harper e il migliore Jack Johnson; “Shine” è un viaggio zaino in spalla tra i venti caldi dell’Africa, gli odori penetranti della Sicilia e le danze creole delle Antille, un fiotto di buonumore sparato in faccia a questi tempi bui.
Il funk fa capolino nell’ottima “Can’t You See Me”, dove chitarre e sezione ritmica s’incattiviscono per rendere credibile il senso di minaccia che pervade la voce di Fabrizio; mentre “War Will Soon Be Over” è una festa itinerante che farebbe invidia al circo hippy di Edward Sharpe & The Magnetic Zero, in cui l’artista siciliano sfodera una sensualità inaspettata accompagnato dal virtuoso della sei corde e amico fraterno.
Un disco fatto con pochi mezzi e quintali di passione, perché quando il talento c’è servono pochi orpelli, basta metterci “l’anima” e il mood giusto e la gente non si domanderà più da dove vieni.
01/03/2014