Dopo un anno fortunato come il 2012, nel quale si è imposto come nuovo araldo dell’Americana per il mondo indipendente che conta, M.C. Taylor non si sarà sorpreso particolarmente di avere la Merge dietro le spalle per la pubblicazione del suo nuovo Lp, dopo anni di relativo anonimato e di felici produzioni con la Paradise Of Bachelors.
“Lateness Of Dancers” sembra, dalle premesse, una naturale prosecuzione del suo lavoro: i collaboratori sono gli stessi, il fido polistrumentista Scott Hirsch e il sodale chitarrista e compositore William Tyler. E lo è anche, poi, nella sua effettiva riuscita, un nuovo compendio del country profondamente espressivo e a tinte soul del cantautore americano.
Allo stesso tempo, si tratta forse dell’album meno affascinante e spirituale di Taylor, sempre raffinato nel groove Fleetwood Mac di “Mahogany Dread” e negli arrangiamenti squillanti della solare e anni 70 “Saturday Song” (gradevole e sensibile l’apporto di Tyler nelle parti di chitarra acustica), ma un po’ più disposto a edulcorare in un placido country “per palati fini” la sua proposta (“Lucia”, “Day O Day (A Love So Free)”).
Così anche i brani più tormentati vengono contrappuntati da soluzioni scontate, come le seconde voci femminili nella title track.
Insomma, quello che esce da “Lateness Of Dancers” è un Hiss Golden Messenger ricercato menestrello country, più che dissimulato ricercatore interiore, come in “Poor Moon” e “Haw”. La sua identità musicale sembra intatta, forse in un’ancora più smagliante forma sonora, ma qualcosa di più profondo sembra spento.
11/09/2014