In materia di pop elettronico questo 2014 è stato letteralmente dominato dal ritorno di fiamma della house made in Uk. Senz'altro la ribalta che la “scena” sta ottenendo non è nemmeno lontanamente paragonabile a quella che la interessò una ventina di anni addietro, quando in tutta Europa la eurodance (ma anche soltanto la dance) dettava legge un po' ovunque in maniera capillare. È comunque interessante constatare come uno dei nomi di punta di questo nuovo manifesto elettronico tutto da sudare sulla pista da ballo con il Regno Unito abbia poco a che farci. Nata in Canada (terra attualmente nota per act musicali di tutt'altra natura), con ascendenze norvegesi da parte di padre, Kiesa Rae Ellestad, in arte semplicemente Kiesza, con un avvio di carriera nel folk, condivide ben poco dell'humus che ha generato personaggi come Disclosure, Maya Jane Coles e Clean Bandit. Eppure, i risultati a cui è giunta non sono poi così distanti da quelli dei suoi colleghi oltreoceano.
Anzi, se gli oltre centocinquanta milioni di visualizzazioni raggiunte per il video del suo singolo di lancio “Hideaway” (e le tante gustosissime parodie, tra cui questa) possono testimoniare qualcosa, quello è che in fatto di trasversalità la signorina ha saputo battere i “cuginetti” d'Oltremanica nel loro stesso campo. La particolarità del clip e la complessità delle coreografie mostrate hanno indubbiamente contribuito al successo del brano, fatto sta che, per un'artista venuta fuori pressoché dal nulla, una partenza del genere era tutt'altro che preventivabile. I risultati hanno comunque smentito ogni dubbio.
Senz'altro, nel nuovo ribollente calderone dance, un pezzo come suddetto aveva tutte le caratteristiche per emergere anche lontano da accompagnamenti visivi, ma allo stesso tempo la sua stessa particolarità poteva anche rivelarsi un limite insormontabile. Costruita su un saliscendi sonoro di stampo euro, dosata nella progressione ma non per questo meno trascinante nella resa, basata poi sul timbro squillante della Ellestad, la canzone si reggeva su un equilibrio sottilissimo, che la mancanza di un refrain vero e proprio (affidato a vocalizzazioni prive di ogni barlume melodico) poteva rischiare di farla precipitare nel baratro del capriccio arty, o, peggio ancora, in quello del trash involontario. Fermarsi a un passo dall'irreparabile (come la bella versione acustica posta a fondo disco mostra) ha permesso a “Hideaway” di preservare intatte le proprie qualità senza imbarazzanti derive.
Archiviato un problema, ne sorgono però altri, e non di minore significato. In vista di “Sound Of A Woman”, ripetere infatti per tutta la durata di un full-length la piccola “impresa” ottenuta con il singolo di debutto era operazione ben poco agevole. Vero è che anche la dance dei tempi era faccenda che si muoveva più su tracce singole che su album, ma quando si arriva infine a quest'ultimo, sarebbe il caso di strutturarlo al meglio, di non renderlo un semplice pretesto per estrarre tre-quattro canzoni e via. Spiace constatare che il caso che si ripropone con Kiesza sia proprio questo, e che la situazione all'ascolto, fatto salvo un esiguo numero di titoli, non sia proprio delle più rosee. Per approdare a qualcosa di perlomeno dignitoso le premesse c'erano e abbondanti.
Il fatto è che, per una cantante dalle pretese sonore così vicine al dancefloor, di ballabile in questa raccolta v'è davvero poco. Il che è un peccato, perché quando la Ellestad spinge sul pedale del ritmo, vengono fuori motivi gustosi che potrebbero rivelarsi hit se non analoghe a “Hideaway”, quantomeno atte a non far di lei l'ennesima one-hit wonder da una stagione. La bella gestione nella progressione di “Giant In My Heart” (con un altro notevole saggio di vocalità da parte della Nostra), il tiro house più marcato e serrato di “No Enemiesz” (che già si prefigge di diventare il club-banger del prossimo inverno), la malizia catchy di “The Love”: a pubblicare un Ep con queste tracce (aggiungiamoci anche “Over Myself” e i suoi spunti in fascia deep) ne sarebbe venuta fuori l'uscita mainstream dell'anno in materia dance, da metter su ogni qualvolta si presenti l'occasione di far festa.
Invece, si è ritenuto che allungare il brodo fosse la strategia vincente, che l'eclettismo stilistico potesse mostrare lati inediti: una versatilità che alla prova dell'ascolto semplicemente non sussiste. Per quanto vocalmente dotata, Kiesza non ha proprio il physique du role per ergersi a nuova paladina dell'urban-pop, né tanto meno per potersi permettere sviate in chiave ballad che possono sì omaggiare classici della scena, ma sanno di virtuosismo fine a se stesso (la cover di “What Is Love” di Haddaway). Invece, quel che si avverte è una sensazione di stanchezza diffusa, una fiacchezza spalmata lungo tutta la tracklist, che abbraccia prescindibili featuring con i rapper di turno (Joey Bada$$ e Mick Jenkins), beat sfumati fino a regredire in piatte carrellate downtempo (“So Deep”, la title track), un'ordinarietà old-school priva di mordente e personalità (“Losin' My Mind”). Troppo, obiettivamente, per poter chiudere un occhio.
Ha carattere, Kiesza, e la sfrontatezza non le manca. Quel che le serve capire è cosa vuole diventare da grande. Di certo, l'anonimato creativo è quanto non le si augura.
19/11/2014