È sufficiente il passaggio da armonizzazioni a tre voci al timbro McLennan-iano dell’iniziale “The Past Is Always Gone” per far scattare qualcosa nell’ascoltatore: ecco un altro disco pieno di belle canzoni, dal tiro giusto e dal sound impeccabile che nessuno o quasi ascolterà.
È una verità ineluttabile che ormai si accetta di buon grado, con il sottile egoismo di chi spera che i propri amici del cuore non conoscano mai altre persone.
Passatista ma mai rinunciatario, “We Don’t Know Where We Are” attraversa tre decenni come se non fossero passati, sulla scorta di un istinto melodico che accende tracce di britpop alternativo alla Comet Gain come “Here It Comes”, interpretate dalla band con carisma raro per il genere, quasi alla Pulp.
Il tutto si riflette nelle cangianti sfumature West Coast del disco (il power-pop armonizzato di “French Riviera 1988”, i Gold Motel al gusto di basso di “Running On The Spot”) che si spingono fino alla ballata sixties di “Doubt”, da far invidia agli odierni Tennis.
Ma non ci sono brani da scartare, tra una “All Over The World” che non avrebbe sfigurato su “Grand Prix” e qualche digressione, come nel country-pop degli America di “Until The Morning After” e nel folk-pop corale di “After The Fair”. Quindi, a voler essere egoisti, un consiglio: non ascoltatelo.
19/09/2014