Rintuzzare un esordio esplosivo è già una cosa parecchio complicata; se poi arrivi a suonare di fronte agli Obama alla Casa Bianca dopo un solo disco pubblicato, lo studio di registrazione potrebbe cominciare a sembrarti più opprimente e angusto del solito.
Tutte cose che non sembrano sfiorare neanche di striscio Brittany Howard e la sua compagnia di bianchi barbuti, che in “Sound & Color” riescono anzi a distanziarsi dalle bordate steroidee di “Boys & Girls”, pubblicando un disco orgogliosamente poco immediato, fondato sì sulle evoluzioni vocali della Howard ma con un range assai più vasto, uno snodarsi di movenze sensuali - se non esplicitamente erotiche - assecondate dal meno incendiario e più suggestivo accompagnamento strumentale (“Gemini”). Anche quando flirtano col revival soul più diretto (il crescendo vocale di “Miss You”) l’intercalare dei diversi momenti musicali mostra decisamente più pretese, pur mancando sempre idee che vadano oltre la pura progressione muscolare e il banale alternarsi quiet-loud.
Sul piano della scrittura, il tutto appare ancora abbastanza grezzo e approssimativo, quando non giocato su cliché blues-rock di stampo Black Keys (“Don’t Wanna Fight”) senza la loro ironia. Il contraltare con la seriosità impeccabile dell’esecuzione (“Gimme All Your Love”) è piuttosto impietoso, e il risultato è spesso quello del sottofondo d’autore (“Guess Who”).
Ciononostante il tentativo di ampliare il proprio spettro espressivo è notevole, anche se con risultati alterni (gli Strokes di “Shoegaze” meglio del punk di “The Greatest”). Ciò che rimane maggiormente è forse la carica erotica del disco (“Gemini”, la title track), che si esalta nel “puritanesimo” del panorama indipendente.
Tutto sommato niente di cui possa rimanere traccia, come già rimarcato anche da chi aveva salutato “Boys & Girls” come il miracolo del revival soul degli ultimi anni. Forse meglio però un qualsiasi disco, anche di quelli vituperati, dei Kings Of Leon, che almeno cercavano di scrivere delle canzoni.
23/05/2015