Come facilmente prevedibile, la morte ha alimentato il mito e, di pari passo, le speculazioni intorno a una delle cantanti più dotate e al contempo più infelici della nostra epoca. Amy Winehouse dopo essersi resa, suo malgrado, protagonista post-mortem di “Lioness: Hidden Treasures”, non esattamente il disco che avrebbe voluto pubblicare come successore del perfetto “Back To Black”, nonché di miriadi di libri e articoli di approfondimento, diviene oggi ambito soggetto per copioni cinematografici.
Il lungometraggio “Amy: The Girl Behind The Name” (che gode al momento d’un lusinghiero rating pari a 8.0 su IMDb) è un documentario a lei dedicato, e non sarà certo l’ultimo a voler far luce sulla sua vita e sulla sua fine, anche perché la famiglia della cantante se ne è prontamente dissociata, ed è lecito attendersi in futuro lo sviluppo di nuovi punti di vista sulla travagliata storia.
“Amy” (che si aggiudicherà a febbraio 2016 il Premio Oscar nella categoria "Best Documentary") è stato per tre giorni nelle sale italiane, nel giro di poche settimane è uscito nel formato home, e ora viene affiancato dalla relativa colonna sonora: i contenuti musicali di una vita che è stata sì breve, ma sufficiente per imporla come la più grande stella del firmamento soul dei nostri tempi.
Nelle ventitré tracce della soundtrack convivono in maniera un po’ forzata sia lo score del film, firmato dal compositore brasiliano Antonio Pinto, che alcuni classici della Winehouse, pescando fra rarità, demo e versioni dal vivo, fra i quali spicca “We’re Still Friends”, un inedito catturato live nel 2006.
Oltre ad alcuni cavalli di battaglia, quali le celeberrime “Stronger Than Me”, “Rehab” e “Love Is A Losing Game”, sono state inserite la cover di “Valerie” (brano portato al successo nel 2006 dalla band inglese Zutons), eseguita con Mark Ronson, e il duetto “Body And Soul”, in coppia con Tony Bennett.
Tutto bello, ma quasi tutto già sentito, e alla fine “Amy” non ha né la forza di imporsi come una celebrazione, né di soddisfare la pretesa di passare alla storia come un indispensabile best of: è semmai un gadget di accompagnamento al film, buono per Natale come regalo molto mainstream, ma nulla di più.
Per chi voglia conservare intatto il ricordo della bella e dannata Amy, basteranno per sempre i due eccellenti dischi ufficiali realizzati in vita, e le immagini che ci restano di lei nei videoclip e nelle esibizioni live rintracciabili in Rete. Il resto sarà sempre e soltanto bieca speculazione per fare soldi intorno alla sua tormentata figura.
18/11/2015