Scrivono siglette vintage per Radio Rai, fanno stabilmente tour fuori dai confini nazionali, Dr. Dre li ha campionati nel recente “Compton”: i Calibro 35 sono da tempo una realtà ben codificata e consolidata, nonostante un percorso temporalmente breve, ma che ha già fruttato cinque album e varie collaborazioni.
Questi restauratori musicali restano anche impegnatissimi in mille altri progetti, basti pensare alle produzioni di Tommaso Colliva, al ricercatissimo Enrico Gabrielli, a Fabio Rondanini fresco nuovo Afterhours, a Luca Cavina che ha fatto diventare stabile il divertissement noise Zeus!, giunto proprio quest’anno al traguardo del terzo album.
Dopo tutto questo, oggi i Calibro 35 respirano l’esigenza di non auto relegarsi a band “di genere”, decidendo di ampliare il proprio spettro di vedute, andando oltre l’impegno filologico di riportare in bella vista il filone musicale che si rifà al cinema poliziottesco italiano degli anni 60 e 70.
Con “S.P.A.C.E.”, pur restando evidente un forte sapore noir, l’obiettivo è ricreare un mood più legato al mondo della fantascienza, scattando un’istantanea da una prospettiva diversa. E per sottolineare l’impronta, tutto è stato registrato come se fossimo nel 1966, l’anno scelto per ambientare il disco, tutti assieme nella stessa stanza, senza cuffie, suonando strumentazione rigorosamente dell’epoca.
L’avvicinamento all’immaginario spaziale, più che nei temi musicali affrontati, non molto dissimili da quelli realizzati nei lavori precedenti, si ha nel posizionamento strategico di tracce “atmosferiche” (“Something Happened On Planet Earth", il tema da spy story giocato su basso e tastiere “An Asteroid Called Death”), e di particolari segmenti space (i due brani posti ai margini del dischetto: “74 Days After Landing” e “Serenade For A Satellite”) o rumoristici (“Brain Trap”).
Il resto si gioca nella scelta dei titoli, atti a comporre la trama di un film immaginario, del quale “S.P.A.C.E.” rappresenta l’ideale colonna sonora, incentrata sul grande lavoro svolto dai synth e nel quale la produzione resta sempre attenta a ogni piccolo particolare.
Per rendere il menù più speziato, accanto al funky nerissimo e venato di jazz (“Across 111th Sun”, opera del genio di Gabrielli), tradizionalmente nel Dna del gruppo, questa volta ci si sofferma anche su derive in grado di coniugare afro e western (“Ungwana Bay Launch Complex”, scritta interamente da Cavina), e persino uno spiazzante sguardo rivolto a ritmiche vagamente dubstep (“A Future We Never Lived”).
Le rincorse e gli inseguimenti di poliziottesca memoria restano presenti nelle irresistibili “S.P.A.C.E.” (con il flauto di Gabrielli in grande spolvero), “Bandits On Mars”, “Thrust Force” e “Violent Venus” (tutte uscite dall’estro di Massimo Martellotta), i brani più energetici del lotto, come a voler comunque mantenere un legame saldo con quanto già trattato in passato.
Perché alla fine dei conti i Calibro 35 con questo lavoro intendono sì rigenerarsi, ma al contempo restare fedeli a se stessi, una sorta di rinnovamento nella continuità, confermato ad esempio della presenza di forti sensazioni morriconiane in “Universe Of 10 Dimensions”.
E’ un’esperienza unica nel suo genere, portata avanti con grande determinazione e serietà d’intenti da questi cinque formidabili musicisti, punti di riferimento assoluti della musica indipendente italiana nel mondo.
12/11/2015