Successore del monotono “On An Island” (2006), del pleonastico album dal vivo “Live In Gdansk” (2008), della stramba collaborazione con gli Orb di “Metallic Spheres” (2010), ma soprattutto della pubblicazione di commiato della band-madre, “Endless River” (2014), con cui almeno riesuma in extremis la carriera di chitarrista, “Rattle That Lock” del benemerito David Gilmour arriva senza sorprese, né nella tronfia presentazione in pompa magna né nel contenuto zeppo di banalità assortite.
Qui Gilmour si limita a fare zapping col telecomando tra lamenti new age, da “Beauty” a “A Boat Lies Waiting”, a “5 A.M.”, che se possibile degenerano pure in kitsch sinfonico (“Faces Of Stone”), ballate soul alla Sting, appositamente riservate ai singoli “Today” e “Rattle That Lock”, e - ça va sans dire - la sua consueta oleografia lenta e assonnata (“Dancing Right In Front Of Me”, tra le altre).
Il più irrilevante episodio degli ex-Floyd solisti, appena riscaldato - più per sovraffollamento che per merito - da una ritrita pletora d’ospiti, vecchi (Phil Manzanera, Robert Wyatt, Jools Holland, Graham Nash e David Crosby), nuovi (il figlio Gabriel al debutto, Colin Stetson, John Parricelli, Roger Eno) e virtuali (lo scomparso collega Rick Wright in un campione vocale).
27/11/2015