Discostandosi un po’ dal frenetico esibizionismo delle altre uscite di chitarristi contemporanei (William Tyler, per fare un esempio) e illuminati dalle importanti collaborazioni (Jeff Tweedy, Richard Thompson, Steve Gunn, omaggiato nel riff dell’iniziale “Up The Stairs”), James Elkington e Nathan Salsburg (chitarrista di Joan Shelley) pubblicano il loro secondo album, che suona un po’ come nelle raffigurazioni della coppia: una placida jam in veranda, tra sorrisi d’intesa e il sole che cala.
Così solo a tratti i due indugiano negli stilemi country o blues che ingabbiano spesso uscite di questo tipo (a parte quando è la tradizione a parlare, come nella riproposizione di “Slow Train” di Norman Blake), consegnando invece un lavoro inebriante quanto inevitabilmente domestico e di basso profilo, ma di certo con un’anima dai contorni ben definiti.
“Inventions #4”, da escursione “nelle terre selvagge”, in un paesaggio di brina che si scioglie e spazi incontaminati, diventa pian piano progressione interiore; affacciandosi poi sulla modernità Blackshaw-iana di “Fleurette Africaine”. Non mancano poi divertissement come la cover country e strumentale di “Reel Around The Fountain” degli Smiths.
Il tutto non distoglie però dalla sensazione di trovarsi di fronte a un’arte sedata, a una contemplazione omeopatica ma senza gusto per la ricerca. Raramente “Ambsace” riesce a scalfire la superficie di un intrattenimento passeggero.
23/09/2015