Giunti al loro sesto disco, gli Hot Chip di Alexis Taylor e Joe Goddard tornano alla ribalta a distanza di tre anni dal discreto “In Our Heads”, album che seguiva in parte gli stilemi frizzanti di "Made In The Dark", confermando ancora una volta la bontà del marchio di fabbrica originario. Ma, nonostante la buona qualità complessiva della loro proposta, durante questa seconda parte della loro carriera l’assenza di soluzioni “nuove” che potessero in qualche maniera impreziosire la tavolozza sonora ha lentamente sfibrato il tessuto melodico della band inglese, parsa in più di un’occasione lievemente autocompiaciuta e poco propensa ad alzarsi, seppur parzialmente, dai propri “comodi” allori.
Dunque, “Why Make Sense?” riparte da una formula ampiamente collaudata: synth-pop sbarazzino, vagamente pulsante e chiccoso all’occorrenza (l’introduttivo singolo di lancio “Huarache Lights”).
La musica degli Hot Chip sposa da sempre allegria modulare e irriverenza sintetica. Lo suggeriscono le briose cavalcate al synth della già citata coppia madre Taylor/Goddard, così come i consueti stop&go ritmici, le ballatone di stampo soul-funky poste al centro del piatto, a conferma del proprio amore verso i riferimenti di sempre, su tutti Wonder e il primissimo Prince (“White Wine And Fried Chicken”). Il tutto alimentato da morbide scosse minimal-electro, vedi l’andatura ombrosa e robotica di “Dark Night”, con tanto di tastierona calda e raggiante, battito appena abbozzato e svolazzo circolare atto a ingigantire elettronicamente l’impatto di fondo.
Allo stesso tempo, la fusione tra il tessuto ritmico mediamente instabile e la voce pulita, schietta e disinibita di Taylor, risplende di volta in volta nei giochini al laptop e nelle sfumature al videogame poste da condimento alla ricetta. Trovano spazio anche ripescaggi inaspettati, come la stilosa “Need You Know”, omaggio incondizionato alla lontana “I Need You Know”, brano del 1983 lanciato dal trio femminile Sinnemon, con l’epica voce di Barbara Fowler estratta a puntino nelle varie sequenze.
In definitiva, “Why Make Sense?” non aggiunge molto a quanto già fornito dalla simpatica formazione londinese. Una miscela che resta a tratti ancora frizzante, ma che comincia a mostrare i primi inesorabili segni di evaporazione.
(29/06/2015)