Stevie Wonder

Stevie Wonder

Il soul delle meraviglie

Soul e rhythm and blues, ma anche pop, funk, reggae e jazz. Una carriera iniziata da enfant prodige e proseguita sempre sotto il segno del successo, senza cedere mai ai colpi della sfortuna. Stevie Wonder non è solo un mito della black music griffata Motown, ma un'icona della musica popolare tutta. Dopo il folgorante decennio 70, la sua fiamma si è stemperata in un pop-soul senza più mordente, ma è proseguita la pioggia di premi e riconoscimenti...

di Michele Camilḷ

Cantante, compositore e polistrumentista, Stevie Wonder è uno degli artisti decisivi nella storia della black music. Fondamentale, in particolare, il suo contributo all'evoluzione del soul e del rhythm and blues, grazie alle prolifiche contaminazioni con pop, jazz, funky e reggae. Talento precocissimo, in oltre quarant'anni di carriera si è guadagnato enormi successi commerciali, una pioggia di riconoscimenti (tra cui ben 24 Grammy Awards) e stuoli di emuli d'ogni età e generazione.

Steveland Judkins Morris nasce a Saginaw, nel Michigan, il 13 maggio del 1950. Divenuto cieco nei primi giorni di vita, a causa di un eccesso di ossigeno nell'incubatrice, Stevie dimostra il suo enorme talento musicale sin da ragazzino. Nel 1954, si trasferisce con la famiglia a Detroit, dove inizia a cantare nel coro della chiesa. A soli nove anni sa già suonare piano, armonica e batteria. Non è un caso, dunque, se solo due anni dopo fa il suo esordio in sala di registrazione. Nel 1961, infatti, Ronnie White dei Miracles lo presenta a Berry Gordy, il numero uno della Motown, che gli fa subito firmare un contratto, cambiandogli il nome in "Little Stevie Wonder" e affiancandogli l'autore-produttore Clarence Paul.

Nel 1962 escono i primi due album: A Tribute To Uncle Ray, una raccolta di cover di brani del suo idolo Ray Charles, e The Jazz Soul Of Little Stevie, un assaggio di jazz orchestrale che evidenzia già l'abilità del multistrumentista, alle prese con piano, percussioni e armonica.
Le vendite sono scarse, ma Wonder non demorde e un anno dopo pubblica il live The 12 Year Old Genius, che include una versione estesa della strumentale "Fingertips", eseguita con l'armonica. Il singolo balza ai primi posti delle classifiche pop e r'n'b, premiando l'esuberante verve del giovanissimo Stevie.
The 12 Year Old Genius diviene anche l'album Motown più venduto del momento.

Dopo aver pubblicato altri singoli, stavolta meno fortunati, Wonder decide di interrompere momentaneamente la sua carriera discografica, per dedicarsi pienamente allo studio classico del pianoforte, presso la Michigan School For The Blind. Ed eccolo tornare nel 1964, con il nome di Stevie Wonder, e con un hit che vola ai primi posti delle classifiche, "Uptight (Everything's Alright)": pezzo ballabile e arrangiato da fiati orchestrali, che si erge su una ritmica caratterizzata da chitarre ritmiche a mo' di reggae. Ricetta che non mancherà di essere ripresa da tante band pop degli anni Ottanta e non solo (si pensi, ad esempio, alla "The Church Of The Poison Mind" dei Culture Club). Su sonorità molto simili, ma più vigorose, l'altro singolo di successo, "Nothing's Too Good To My Baby", incluso nell'omonimo album del 1966. Wonder inizia a coltivare anche un interesse per la canzone di protesta, interpretando tra l'altro cover di Bob Dylan, come "Mr. Tambourine Man" e "A Place In The Sun" (su Down To Earth, 1965), e "Blowin' In The Wind" (su Uptight, 1966), ma si tratta comunque di album minori nella sua discografia.

Nel 1967, arriva un altro successo: l'album I Was Made To Love Her scala le chart, trascinato dall'hit omonimo, un numero funky-soul già nel repertorio dei Beach Boys. L'anno successivo è la volta di For Once In My Life, che frutta diversi singoli: oltre al funky melodico e sentimentale della title track, svetta quello blueseggiante di "Shoo-Be-Doo-Be-Doo-Da-Day" e quello disco-dance di "You Met Your Match", del cui sound si troverà tracce, anni più tardi, nei Bee Gees di "Saturday Night Fever" e "Spirits Having Flown".
Altro successo è "I Don't Know Why", deliziosa soul-ballad.
Proprio la produzione di ballad inizia ad assumere sempre maggior rilevanza nel suo repertorio, come testimonieranno soprattutto gli anni Settanta e Ottanta. Ne è già un saggio eloquente "My Cherie Amour", singolo registrato nel 1966 e tratto dall'omonimo album pubblicato tre anni dopo: una dolce e sensuale ode sentimentale, in cui si delinea maggiormente il sound caratteristico di Stevie Wonder, quello che avrebbe contraddistinto i capolavori succedutisi negli anni Settanta, grazie all'utilizzo di accordi più suggestivi e raffinati. "Yester-me, Yester-you, Yesterday", invece, segna un elemento di maggior continuità con il passato, risolvendosi in un lento arrangiato dagli archi, con la voce di Wonder a vibrare ancora di pura energia soul. Nell'album è inclusa anche l'ennesima versione di "Light My Fire" dei Doors.

L'anno seguente Signed, Sealed And Delivered è frutto della collaborazione di Wonder con la cantante Syreeta Wright, che diventerà sua moglie poco tempo dopo. Tra gli hit, "Heaven Help Us All" e una cover della beatlesiana "We Can Work It Out". Nello stesso periodo, il soulman di Saginaw firma altri due brani di successo: "It's A Shame" degli Spinners e "Tears Of Clown dei Miracles.

Proprio nel giorno del suo ventunesimo compleanno, giunge a scadenza il contratto con la Motown e le royalty depositate nel suo fondo fiduciario divengono di sua esclusiva proprietà. Un mese dopo esce When I'm Coming From, primo album interamente prodotto e composto da Wonder, attorniato da sessionman di rango e dalla moglie Syreeta, autrice di alcuni testi. Il successo commerciale non è straordinario; viene estratto un solo singolo, "If You Really Love Me", ballad dagli sprazzi jazzistici che però non lascia il segno.

Wonder, tuttavia, non si perde d'animo e matura un progetto più ambizioso: stanco della classica formula r'n'b delle raccolte di hit-single più riempitivi, punta a voler confezionare album più compatti e coerenti, quasi dei concept. Decide pertanto di non rinnovare il contratto con la Motown e impiega i propri fondi per costruire un proprio studio di registrazione. In seguito, ristabilisce un nuovo accordo con la Motown, vedendo aumentare vertiginosamente le proprie quote di royalty e dà vita a una propria etichetta discografica, la Black Bull Music.
La mossa si rivela vincente. Wonder riesce in un colpo solo a conservare i diritti della sua musica e a strappare il pieno controllo sulle sue registrazioni, proprio come aveva appena fatto Marvin Gaye con la pietra miliare "What's Going On".

La svolta dà il la alla stagione migliore di Wonder, un'era ricca di capolavori che avrebbero posto le basi per un nuovo modo di fare musica, influenzando intere generazioni e innumerevoli band a venire. L'inizio del periodo d'oro viene ufficialmente sancito dall'uscita di Music Of My Mind (1972), che scuote alle radici la tradizione soul e "black" in generale, con un incessante zampillare di trovate musicali. L'album, come i successivi, è quasi interamente scritto, prodotto, arrangiato e suonato dallo stesso Wonder, con la collaborazione della Wright nella stesura di alcune liriche. L'impiego dei sintetizzatori porta una ventata di freschezza, già evidente a partire da "Love Having You Around", scintillante commistione di rock, funky e soul. "Happier Than The Morning Sun" recupera reminiscenze folk già intraviste nelle cover dylaniane del passato; ma a spiccare sono il soul coinvolgente e malinconico di "Girl Blue", marcato dall'arpeggio delle chitarre, dall'incalzare delle percussioni e dagli inserti di clavichord, e il funky-reggae aggressivo di "Keep On Running", in un tripudio orchestrale per piano, organo, clavinet, cori e battiti di mano. L'hit single "Superwoman" è una suite in due parti: la prima presenta un lieve ritmo latino in cui è il synth a creare l'atmosfera, mentre la seconda assume l'aspetto di una più tipica ballata r'n'b. Chiude il gospel visionario di "Evil", riflessione sul Male declamata su un fondale di tastiere.

La riflessiva e romantica "You Are The Sunshine Of My Life", che si apre a una soffusa e fine impostazione jazzy, è il singolo e l'ouverture dell'album successivo, Talking Book. Un disco che consacra Wonder re indiscusso della black music, sottolineandone la genialità nel coniugare la spinta rivoluzionaria con la ricerca di una musicalità sempre orecchiabile in ogni singolo brano. Ma il "libro parlante" è anche un frutto doloroso: poco tempo prima della sua uscita, infatti, si rompe il matrimonio tra Stevie e Syreeta Wright. E l'album è tutto un fiorire di sentimenti a cuore aperto, di dichiarazioni d'amore totale ("You are the apple of my eye/ Forever you'll stay in my heart"), di inni di fervente religiosità.
A trascinarlo in vetta alle classifiche sarà anche l'inconfondibile riff di "Superstition": un torrido mix di funky, soul e r'n'b, in cui il clavinet lascia un'impronta elettronica e avvolgente. Numerose, poi, le ballate romantiche e sentimentali, prevalentemente composte al piano: da ricordare soprattutto "You And I", "Blame It On The Sun" e quella "I Believe (When I Fall In Love It Will Be Forever)" che diviene più energica nel finale. Il Wonder più "politico" emerge nell'inno anti-nixoniano di "Big Brother", mentre notevoli sprazzi jazz impreziosiscono "Lookin' For Another Pure Love", con Jeff Beck alla chitarra solista, e "You've Got It Bad Girl".

Il successo viene celebrato da un colossale tour al fianco dei Rolling Stones. Un momento magico coronato l'anno successivo, con la pubblicazione di Innervisions (titolo originale: "Last Days Of Easter"), altro capolavoro di Wonder e pietra angolare della black music tutta. E' ancora una dichiarazione d'amore, una smisurata preghiera al cielo che si snoda in nove episodi, uno più esaltante dell'altro.
Tra i singoli, "Living For The City" è uno dei più sofferti della intera discografia wonderiana, con un drammatico testo di denuncia sulle discriminazioni razziali e un'interpretazione grintosa, assecondata da un bel giro blues, nel quale si amalgamano sintetizzatori e piano. Ma momenti ancor più sublimi si possono assaporare nel gospel al cardiopalmo di "Jesus Children Of America", nella ballata strappacuore di "All In Love Is Fair", o in "Too High", che si erge su una linea di basso glissato e sfodera un imprevedibile vocoder al culmine di un'apoteosi funky, gettando le basi di quell'acid-jazz che farà la fortuna di decine di band diversi anni dopo, Jamiroquai in primis. Altra perla è "Visions", ballata paradisiaca, delineata da una base armonica di accordi in tonalità minore e arrangiata dalle chitarre acustiche, che cesellano arpeggi e assoli, bissati poi dalla elettrica.
Wonder si conferma anche un formidabile interprete, capace di spaziare da tonalità calde e avvolgenti ad acrobazie vocali aspre e pungenti, riuscendo sempre a dare un'impronta inconfondibile ai suoi brani.

L'incantesimo dell'ex enfant prodige, però, rischia di spezzarsi per sempre: poco dopo l'uscita del disco, Wonder è coinvolto in un pauroso incidente stradale e resta in coma per alcuni giorni. Ma anche da questo dramma saprà riprendersi, ulteriormente fortificato, come testimonierà il nuovo tour, stavolta al fianco di Elton John. Innervisions, intanto, si aggiudica ben cinque Grammy Awards, tra cui quello di "disco dell'anno".

Alla fine di un altro tour, il soulman di Saginaw gela tutti con un annuncio a sorpresa: vuole ritirarsi dalle scene e dedicarsi alla raccolta di fondi per il popolo africano, trasferendosi definitivamente nel Continente Nero. La Motown, seppur con gran fatica, riesce a dissuaderlo, spingendolo a pubblicare, nell'estate del 1974, un nuovo album, Fulfillingless' First Finale. Pur inferiore ai lavori precedenti, viene premiato con cinque Grammy Awards e con il titolo di "disco dell'anno".
I pezzi trainanti sono "Boogie On Reggae Woman" e un altro inno anti-Nixon, "You Haven't Done Nothin'": due assaggi di solido r'n'b, la cui energia è per gran parte apportata dal basso elettronico. Le ballad pianistiche di turno sono la melensa "Too Shy Too Say" e "They Won't Go When I Go", intrisa di elementi classici.
Nel frattempo, il compositore americano produce e compone "Stevie Wonder Presents Syreeta", secondo album solista della ex-moglie, mantenendo in piedi il sodalizio artistico oltre che una sincera amicizia post-matrimoniale.

Dopo questi trionfi, il ritorno in studio di registrazione si protrae per un periodo più lungo del solito, per dar vita a Songs In The Key Of Life (1976). Se con i due lavori precedenti aveva rivoluzionato la musica soul, con questo doppio album Wonder consolida tali innovazioni, dando vita al suo progetto più "maturo" e ambizioso. Un cocktail di suoni e generi, che include perfino un 7-inches e si snoda in ben diciassette tracce. Abilità tecniche e compositive vanno di pari passo in un disco compatto e strutturato da un filo logico, con una manciata di singoli dal memorabile hook.
Spesso si tratta di semplici dichiarazioni d'amore. E' il caso del commovente singolo pop-jazzy "Isn't She Lovely?", dedicato alla figlioletta Aisha, con tanto di risolini della neonata in presa diretta e un memorabile assolo d'armonica finale. "Sir Duke" omaggia invece il mito jazz di Duke Ellington, con un'introduzione swing che sfocia in un motivo orecchiabile e allegro, in bilico tra pop e jazz.
Alcuni pezzi saranno poi riportati al successo da interpreti hip-hop: il funky di "I Wish" sarà ripreso, oltre vent'anni dopo, dal rapper e attore Will Smith, mentre "Pastime Paradise", contraddistinto da una base soul moderata e dagli arrangiamenti d'archi, diverrà nel 1995 uno dei cavalli di battaglia di Coolio, con il titolo di "Gangsta' Paradise".
Non mancano anche le consuete canzoni di protesta, che scavano nel disagio delle popolazioni nere, dalle metropoli ai villaggi: da "Village Ghetto Land", dove gli archi concretizzano gran parte della struttura armonica, a "If It's Magic", gemma di semplicità e purezza, eseguita con sola voce e arpa.
La strumentale "Confusion" è invece un suggestivo assaggio di jazz-rock alla Weather Report, caratterizzato da virtuosismi di chitarra e di basso, che si aggiungono a un andamento energico, scandito dai tempi e controtempi della batteria; alla chitarra quel Mike Sembello che spopolerà nel 1983 con "Maniac" (dalla colonna sonora del film "Flashdance"). "Summer Soft" è un altro esempio di soavità melodica, in cui la voce e il piano forgiano un'atmosfera di romanticismo rasserenante, sopra un cadenza lievemente vigorosa. Infine, "Another Star" sposa la disco anni Settanta con il samba, sia per la ritmica, sia per i cori, che rievocano dolci sonorità brasiliane.

Inutile dire che anche Songs In The Key Of Life viene premiato come disco dell'anno. Per la sua realizzazione e composizione, Wonder aveva impiegato pienamente la sua geniale energia, al punto tale da ritirarsi dalle scene per tre anni.

Nel 1979 è il turno di un nuovo ambizioso progetto, la colonna sonora di un documentario, tradotta in un altro doppio album, intitolato The Secret Life Of Plants e composto da numerosi brani strumentali, veri e propri gioielli sinfonici e "naturalisti"al limite della new age, ma anche da dolci pop-song, come "Same Old Story" e "Send One Your Love"; la suggestiva title track svela la filosofia di questo nuovo spiritualismo di Wonder che, convintosi che anche le piante possano soffrire, sogna l'avvento di una nuova "filosofia naturalista". L'album tuttavia viene accolto con diffidenza dalla critica e delude le aspettative dei fan.

L'anno successivo, allora, Wonder torna a un album pop dal contenuto più diretto, con il "torrido" (fin dalla copertina) Hotter Than July. Un disco più agguerrito anche sul versante della denuncia sociale. Basti pensare a "Happy Birthday", simbolo della campagna condotta per anni dall'artista americano al fine di celebrare come festa nazionale il giorno della nascita di Martin Luther King. Una campagna che si concluderà gloriosamente anni dopo, nel 1986, allorché il 15 gennaio verrà riconosciuto come giorno-simbolo della lotta contro la violenza e le discriminazioni razziali. Degno di nota è anche l'altro singolo "Master Blaster (Jammin')", che ripropone a sorpresa sonorità reggae à-la Bob Marley.
Sul versante-ballad, emergono soprattutto la dolcissima "Lately", con virtuosismi vocali conclusivi da brividi, e la magia misteriosa della pianistica "Rocket Love".
Con Hotter Than July Wonder si aggiudica per la prima volta il disco di platino, accompagnato dai consensi di una nuova generazione di fan.

Gli anni Ottanta, tuttavia, saranno caratterizzati da una produzione discografica decisamente inferiore a quella del decennio precedente, dal punto di vista sia qualitativo che quantitativo. A fare notizia saranno soprattutto le collaborazioni eccellenti: nel 1982, con Paul McCartney in "Ebony And Ivory", un inno alla fratellanza e alla comunione multirazziale, e in "What's That Your Doing?", che riprende le sonorità funky-soul degli anni d'oro (entrambi saranno inclusi in "Tug Of War" dell'ex-Beatle). Nello stesso anno esce Original Musiquarium, antologia con registrazioni inedite.

Il 1984 segna un nuovo exploit commerciale, grazie alla colonna sonora del film Woman In Red, diretto e interpretato da Gene Wilder. Oltre a diversi duetti con la regina del soul-pop Dionne Warwick, tra cui la soave "It's You", il disco comprende uno dei pezzi più commerciali dell'intera produzione di Wonder, che gli frutterà anche un Academy Award: "I Just Called To Say I Love You", ballata sentimentale con un ritornello mieloso e accattivante.
A consacrare la nuova popolarità raggiunta, arriva il progetto Usa For Africa, che vede Wonder al fianco di numerose rockstar americane, tra cui Michael Jackson, Bruce Springsteen, Lionel Richie, Cyndi Lauper e molti altri. Il pezzo, realizzato a scopo di beneficenza, si intitola "We Are The World" e diventa in breve tempo un grandioso trionfo commerciale.

I fan devono però attendere il 1985 per l'uscita di un nuovo disco solista di Wonder, In Square Circle. L'album vira decisamente verso il pop, pur non rinunciando del tutto alla matrice soul. L'hit single è "Part Time Lover", orecchiabile canzoncina in tipico stile anni Ottanta. Il pezzo forte dell'album è però la tenera "Overjoyed", una delle canzoni d'amore più belle di Stevie Wonder. In Square Circle vale un altro disco di platino e consolida il nuovo corso pop di Wonder.

Sulla stessa falsariga, infatti, è anche il successivo Characters (1987), che annovera le collaborazioni di B.B. King e Steve Ray Vaughan. Tra i brani, i singoli "Skeletons" e "You Will Know", nonché un duetto con Michael Jackson, "Get It". La collaborazione tra i due proseguirà anche in "Just Good Friends" (sul bestseller "Bad", con il quale Jackson darà seguito al boom di "Thriller").

Se gli anni Ottanta segnano un appannamento della vena creativa di Wonder, il decennio successivo si rivela ancor meno brillante.
I 90 si aprono con la colonna sonora di "Jungle Fever", cult-film di Spike Lee. Nel 1995 esce Conversation Peace, che stavolta fallisce anche sul piano commerciale, aggiudicandosi comunque due Grammy Awards grazie al singolo "For Your Love". Nello stesso anno viene pubblicato anche il live Natural Wonder.
Nel 1996 è la volta di un nuovo duetto, con Babyface, nel singolo "How Come, How Long". Il 1999, invece, è l'anno di At The Close Of The Century, compilation di successi raccolta in un box di quattro cd.

Nel 2001, sull'onda emotiva dell'11 settembre, Wonder partecipa al tributo alle vittime della strage delle Twin Towers, con il brano "Love's In Need Of Love Today", insieme ai Take 6.

Nel 2005, dopo ben dieci anni, Wonder torna negli studi di registrazione per un nuovo album, A Time 2 Love, anticipato dal singolo "So What The Fuss", nel quale Prince si presta alla chitarra e le En Vogue ai cori. Ha inoltre partecipato al "Live 8 U.S.", dove ha commemorato Luther Vandross, dopo aver suonato e cantato al suo stesso funerale.

Prodigioso vocalist, tastierista e armonicista, compositore eclettico, provvisto di una sovrumana sensibilità e forza d'animo, Stevie Wonder ha profondamente influenzato e rinnovato la black music, ma anche lo stile di molti interpreti odierni, grazie a spiazzanti crossover che ne hanno testimoniato la lucida versatilità. Un artista straordinario, che non si è mai arreso di fronte alle difficoltà che la vita gli ha da sempre riservato, conciliando attività artistica e impegno sociale e umanitario.
Nel 1996, quando ricevette ad honorem la laurea di "Dottore della musica", all'Università dell'Alabama a Birmingham, raccontò divertito un aneddoto: "Anni fa molti mi dissero: 'Tu hai tre tare: sei cieco, nero e povero'. Ma Dio mi ha detto: 'Io ti arricchirò dello spirito di ispirazione, per trasmetterla ad altri e perché con la tua musica tu possa incoraggiare il mondo a perseguire l'unità, la speranza e la positività'. Ho creduto a Lui e non a loro". Sagge parole che riassumono la meraviglia dell'esperienza umana e artistica incarnata da Stevie Wonder.

Stevie Wonder

Discografia

Tribute To Uncle Ray (Motown, 1962)
The Jazz Soul Of Little Stevie (Motown, 1963)
With A Song In My Heart (Motown, 1963)
The Twelve-Year-Old-Genius (Motown, 1963)
Stevie At The Beach (Tamla, 1964)
Down To Earth (Motown, 1966)
Uptight (Everything's Alright) (Motown, 1966)
I Was Made To Love Her (Motown, 1967)
Someday At Christmas (Motown, 1967)
Greatest Hits (anthology, Motown, 1968)
For Once In My Life (Motown, 1968)
My Cherie Amour (Motown, 1969)
Live In Person (live, Motown, 1970)
Stevie Wonder (live, Tamla, 1970)
Signed, Sealed And Delivered (Motown, 1970)
Where I'm Coming From (Motown, 1971)
Stevie Wonder's Greatest Hits Vol. 2 (anthology, Motown, 1971)
Music Of My Mind (Motown, 1972)
Talking Book (Motown, 1972)
Innervisions (Motown, 1973)
Fulfillingness' First Finale (Motown, 1974)
Songs In The Key Of Life (Motown, 1976)
Looking Back (Motown, 1977)
Stevie Wonder's Journey Through The Secret Life Of Plants (Motown, 1979)
Hotter Than July (Motown, 1980)
Stevie Wonder's Original Musiquarium (anthology, Motown, 1982)
The Woman In Red (soundtrack, Motown, 1984)
In Square Circle (Motown, 1985)
Characters (Motown, 1987)
Jungle Fever (Motown, 1991)
Conversation Peace (Motown, 1995)
Natural Wonder (live, Motown, 1995)
At The Close Of A Century (Motown, 1999)
The Definitive Collection (anthology, Motown, 2005)
A Time 2 Love (Motown, 2005)
Pietra miliare
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