Torna a essere presente negli scaffali dei negozi di dischi, a distanza di diciannove anni dall'ultima ristampa ufficiale (per la Felmay/New Tone), un piccolo gioiello della scuola minimalista americana, ovvero il primo album del sassofonista Jon Gibson, "Visitations". Gibson (nato nel 1940 in California) è noto soprattutto come membro storico del Philip Glass Ensemble, per il quale ha prestato servizio dal 1968 al 1989, partecipando quindi a tutte le incisioni storiche di quel mitico gruppo (citando a caso, "Music With Changing Parts", "Music In 12 Parts", "Einstein On The Beach", "Glassworks", "Dances I-V", "North Star", "Satyagraha" etc.), ma offrendo pure sporadiche collaborazioni con Terry Riley, Steve Reich e Harold Budd.
"Visitations" vide la luce nel 1973 per la piccola etichetta fondata da Philip Glass, la Chatham Square. All'epoca, passò quasi inosservato, essendo uscito all'ombra delle numerose prove discografiche di quel famoso Ensemble ma, con il passare degli anni, ha ricevuto una doverosa rivalutazione. L'album, che si compone di due lunghe composizioni di ventuno minuti ciascuna, si discosta parecchio dal minimalismo dei padri fondatori. Qui non si fa ricorso a tecniche di "phasing" e ad altri pattern melodici minimalisti, bensì si è più vicini a una musica concreta "immobile", dove apparentemente accade poco, mettendo però in risalto l'evento sonoro in sé.
"Visitations I" si apre facendo ampio ricorso a tutto un arsenale di piatti, gong, sonagli, flauti e percussioni assortite, creando un paesaggio esotico non dissimile da quello esplorato da Don Cherry nel suo capolavoro "Mu" (Byg, 1969) e successivamente da Jon Hassell in "Vernal Equinox" (Lovely, 1977). Si arriva alla fine attraverso un graduale crescendo di suoni (ma dove, in realtà, è assente una melodia vera e propria). Su tutto, si ode un continuo scrosciare d'acqua, che si fa man mano più forte. "Visitations II", posta sul lato B del disco, ripropone più o meno lo stesso copione, ma in modo più mesto e raccolto. Diciamo che potrebbe essere un ideale punto di incontro tra il minimalismo microtonale che Phill Niblock svilupperà anni dopo e l'ascetica musica concreta di Alvin Curran.
Persino Jim O'Rourke non è rimasto indenne al fascino di quest'album, da cui avrà sicuramente tratto ispirazione per i suoi lavori più radicali, come "Tamper" (Extreme, 1991) e il doppio "Disengage" (Staalplaat, 1992).
Non è tra l'altro un caso che Jon Gibson si sia ispirato ai libri sullo sciamanesimo di Carlos Castaneda per comporre "Visitations I-II". La Superior Viaduct ha ristampato quest'opera nel solo formato in vinile, riproducendo tutta la scarna veste grafica originale (i dischi della Chatham Square erano tutti con delle spartane copertine in bianco e nero).
Per gli ascoltatori più curiosi, si può segnalare la vecchia stampa in cd della New Tone (ormai fuori catalogo), comprendente un'ottima bonus-track dalla durata di mezz'ora, "Thirties", registrata dal vivo a Londra nel 1972, con la partecipazione di David Rosenboom e Gavin Bryars. Gibson incise in seguito un altro interessante album, "Two Solo Pieces" (Chatham Square, 1977), in cui si riavvicinò al minimalismo del suo maestro Glass. In anni più recenti, il settantacinquenne musicista è ricomparso con un nuovo disco per la Tzadik, "Criss X Cross" (2006), che però proponeva un'esibizione live del 1979 per solo sax e flauto.
09/05/2015