Se negli ultimi anni avete perso traccia dell'attività a nome Shit And Shine, probabilmente è stato per vostra scelta: dopo l'ultima – definitiva? – sparata massimalista di “Girls Against Shit”, l'irriverente formazione anglo-texana ha accantonato con risolutezza gli strumenti propri del noise-rock per avviare, dopo una breve pausa, una ricerca tutta nuova in territori elettronici; addio, dunque, alle distorsioni annichilenti e ai martellanti tour de force delle batterie multiple, e largo a sintetizzatori e drum machine di provenienza trance e techno.
Un tracciato che negli ultimi sei anni si è affollato di numerose quanto spesso trascurabili pubblicazioni sotterranee, e che nel solo 2015 ne contava già due: “54 Synth-Brass, 38 Metal Guitar, 65 Cathedral”, degna colonna sonora per un clubbing strafatto, e la promenade kraut-jazz in forma recitata di “Chakin'”. Perciò l'apposizione del marchio eMego sull'ultima fatica del diabolico Craig Clouse ci coglie di sorpresa, come a dare definitiva ufficialità e riconoscimento a questo (ormai non più) nuovo corso della band, ancora in fieri e fors'anche destinato a diventare cool.
La buona notizia è che l'approdo sulla rinomata etichetta di Peter Rehberg ha spinto S&S a giocarsi finalmente qualche buona cartuccia, dando corpo a un album che se non altro dimostra una certa coerenza, non soltanto tra le sue tracce ma anche con le sonorità proprie di eMego e degli artisti ad essa afferenti. Sezioni come quella conclusiva (“Rastplatz”, “Stockwell”) paiono rielaborare le miscele techno/rumoriste di Mika Vainio & co. ma senza mai tradire la predilezione per le ritmiche ottundenti – tra i pochi elementi di continuità con le loro origini “analogiche” – e in tal senso “Hay Ride” e “Ass” potrebbero essere scambiate per emulazioni più o meno palesi dell'idioteca radioheadiana.
Con “Bus Stop” e “Clapham North” la beffa continua nell'inventare gli strumentali di un FlyLo svogliato e monocromatico. Grottesche vocette campionate ricorrono nei brani più ballabili, aumentandone il sentore già fortemente orientato al trash: “Chop The Night” e “Workin On My Fitness” sarebbero adatte a commentare il prossimo delirio in bassa definizione dell'Harmony Korine più randomista.
Così l'operato di Shit And Shine continua a essere una rozza dissezione del lato più nevrotico – e assieme scervellato – dell'odierna musica da ballo, una disfatta in termini musicali e umani che si tramuta in una imperfetta forma d'arte basata sulle milleuna variazioni del beat ossessivo. Un'arte minore in aperto conflitto con gli intellettualismi e il buon gusto a tal punto che chiunque, se ci tiene, può dichiararsene un fottuto esperto.
01/09/2015