Flying Lotus

Flying Lotus

Un loto volante nei cieli di Los Angeles

Steve Ellison, aka Flying Lotus, è un alchimista del groove, uno dei veri talenti dell'hip opera odierna. Un fuoriclasse del campionamento, cresciuto tra tonnellate di dischi e cascate di suoni provenienti da ogni angolo del pianeta. Un musicista che ha ricalibrato l'estetica e l'articolazione del ritmo di matrice nera.

di Giuliano Delli Paoli

Steve Ellison è un predestinato. Appartiene a quella categoria di musicisti il cui excursus musicale non può prescindere dal contesto familiare di provenienza. Steve è il pronipote di Alice Coltrane e di suo marito John, ed è cugino del musicista Ravi Coltrane, nonché nipote della cantante e cantautrice Marilyn McLeod (celebre per aver scritto “Love Hangover” di Diana Ross). Con tale eccellenza in famiglia, il richiamo della musica si mostra inevitabile fin da bambino, fin dal momento in cui è lo stesso Steve a cimentarsi al pianoforte e di seguito al sassofono, accantonandoli presto entrambi per dar sfogo a ben altra strumentazione. I primi anni dell’adolescenza del futuro loto volante trascorrono veloci, tra tonnellate di vinili da ascoltare in casa con l’amatissima zia, magari anche nell’intento di allontanarsi un po’ dalla banalità delle strade di Winnetka, celebre quartiere di San Fernando Valley, zona nota per essere considerata come la capitale del porno a stelle e strisce.

Ma ciò che indicherà al nostro la strada maestra arriva durante i festeggiamenti del suo quindicesimo compleanno. Un cugino gli regala una Roland MC-505. Sarà proprio tale dono a garantirgli un primo significativo approccio verso il campionamento e la ricerca del battito ad effetto, unito all’amore incondizionato per l’hip-hop losangelino più ricercato, il free jazz, la fusion e i videogame. Di lì a poco, arriverà anche il primo reale contatto con il mondo della musica. Tutto nasce quasi per caso. E’ un giorno qualunque e sua madre lo invita a rispondere a un annuncio della Cartoon Network per alcuni temi sonori da piazzare nelle serie Adult Swim. Steve non esita a inviare del materiale, ed è subito svolta. Il loto volante comincia così il suo primo grande viaggio, fatto di suoni in 8-bit e frattaglie sonore degne degli indimenticabili Commodore. Tale inclinazione verso battiti e sonorità legate in qualche maniera allo stile dei vecchi videogame determinerà parte del suo stile, rendendolo riconoscibile e per certi versi unico nello sterminato panorama dei beatmaker della West Coast. Ma non solo. Ellison fonderà praticamente di tutto. Nel suo arsenale trovano spazio campionamenti da qualsiasi campo e micro-estratti mistificati ai limiti della percezione umana: da Tito Puente a Luciano Perrone, da Curtis Mayfield a José James, da Ray Charles a Nosaj Thing, passando per Lafayette Afro Rock Band, Mike Scott, Broadcast, Gil Scott-Heron, Nina Simone, Erik Satie e Queen. Insomma, Steve non conosce confini ed esula da qualsiasi steccato stilistico. Ciò che lo seduce è innanzitutto il modello originariamente creato dal rimpianto J Dilla. E’ lui il faro primordiale. La guida suprema a cui far riferimento e da cui apprendere il meglio per sé e per le proprie future creazioni. Parimenti, l’uomo che marchiò a fuoco e per sempre l’hip-hop losangelino risulta esclusivamente un punto di partenza da cui successivamente tracciare nuove traiettorie, nuove commistioni, nuovi modi di concepire il battito e quella cosa chiamata black music.

steveellison_02L’elemento che rende FlyLo (come cominciano a chiamarlo affettuosamente i suoi fan) letteralmente unico nel suo genere è insito nei meandri di un approccio produttivo totale e totalizzante, riconducibile tanto al free jazz di matrice coltraneana (e non poteva essere altrimenti), tanto alla spiritualità di Sun Ra, fino ad abbracciare Squarepusher e la Idm più contorta dei pionieri Warp, Dj Shadow, certa lounge da cineteca e Scott Herren in versione Prefuse 73. Il tutto contornato da una spiccata abilità nel frammentare il ritmo, rendendolo allo stesso tempo instabile e attraente.
A essere rapiti dal loto volante nel corso degli anni saranno diversi nomi eccellenti, tra cui Erykah Badu e il boss della Hyperdub Kode 9, che lo vorrà fortemente in "Kryon", traccia conclusiva dell'album "Black Sun" composto con il rimpianto Samuel Gordon aka Spaceape, ma soprattutto Thom Yorke con il quale il buon Steve collaborerà a più riprese dando vita a un dialogo artistico più che intrigante, oltre al remix di “Reckoner”.
Tuttavia, se c’è una famiglia di musicisti a cui è possibile associare Ellison senza sbandare più di tanto, questa è proprio la ciurma Stones Throw capitanata a quei tempi da Chris Manak (Peanut Butter Wolf) e Charles Hicks (Charizma). Un accostamento inevitabile, sia per la spiccata sensibilità ai controlli, sia per la capacità di fondere la propria visione del mondo e della musica con qualsiasi altra “cosa”. E non è un caso che FlyLo abbia remixato nel tempo musicisti sostanzialmente distanti dai propri radar (su tutti Mia Doi Todd), palesando una spiccata propensione verso la stesura di un suono che possa condurre una musica in partenza nera su territori per certi versi ancora inesplorati. E’ soprattutto grazie ad approcci di questo tipo se l’hip-hop losangelino è riuscito a sopravvivere al decadimento mainstream di inizio Duemila, e rinascendo d’un tratto nei travestimenti stilistici più bizzarri e disparati.

Ma torniamo a dove eravamo rimasti poco sopra, più precisamente a quel 2005 in cui alcune partiture del nostro vengono scelte per essere inserite nella serie animata The Boondocks. In quegli stessi anni, Ellison fonda con l’amico Sam Baker, aka Samiyam, il duo FLYamSAM, progetto da cui nascerà la traccia "Green Tea Power" inserita nel 2007 nella compilation Wonky della Rush Hour Recordings. Segue un periodo come stagista presso l’amatissima Stones Throw. E’ il preludio al primo Lp, che arriverà nell’autunno del 2006 per la Plug Research (Lali Puna, Mia Doi Todd, Milosh) e fornirà una reale prima presa visione delle potenzialità del nostro. Il titolo è autoreferenziale e indica semplicemente l’anno di nascita di Ellison: 1983. Ciò che risalta subito è una spiccata propensione nel fondere elementi diversissimi amalgamati tra loro in una sorta di concept futuristico. Si prenda la sola title track d'apertura in salsa Idm con passo hip-hop, o la successiva "Sao Paulo", molto più lounge e d'atmosfera, come sempre ben creata da sovrapposizioni ritmiche elegantissime e curate nei minimi dettagli. La stupenda "Bad Actors" è invece posta tra esotismo orientale e improvvisi stacchi in stile pellicola anni Settanta. Le cose proseguono lisce quando a manifestarsi è l’idea di adagiare ciò che resta della intelligent disco music su tappeti propriamente hip-hop  (“Orbit Brasil”). "Pet Monster Shotglas" è, al contrario, il pezzo più sfuggente del lotto. Ai controlli Steve è una vera e propria pallina pazza. Nel suo personale flipper troviamo un po' di tutto: frattaglie cosmiche e legno battuto. Spazio e terra. Lievemente più impalpabile è "Hello", che arriva prima del morbido tambureggiare di "Untitled #7", altra perlina aliena in cui vengono mescolate elettronica da camera e mantra spirituale. Chiudono "Unexpected Delight" con Laura Darlington alla voce, sorta di nenia dal vago sapore mediorentale, e la versione dancey della title track.

Il disco riceverà parecchi elogi dal pubblico, dalla critica e dagli addetti ai lavori. Accasatosi poco dopo alla Warp, quasi come naturale che fosse, Ellison rilascia l'ottimo Ep Reset, decisamente più vicino alle produzioni della celebre etichetta, vedi la morbida "Tea Leaf Dancers", tra chilly e neo-soul, il broken-beat impazzito di “Vegas Collie” con tanto di coda al videogame o l'estasi pachidermica di "Message Situation" con il campionamento di Nature Boy dei Singers Unlimited, imponendosi agli occhi del mondo hip-hop come una delle teste più promettenti in circolazione.

E’ il 2008 e per Ellison è giunto il momento di creare uno spazio apposito in cui chiamare a sé i migliori talenti in circolazione. Viene così fondata la Brainfeeeder, personale label nella quale troveranno spazio musicisti del calibro di Ras G, The Gaslamp Killer, Martyn, ma su tutti l'amico e mentore Thundercat, con il quale FlyLo stringerà un sodalizio fortissimo, lasciandogli una profonda libertà d'azione, tanto che il basso schizzato dell'ex-Suicidal Tendencies coprirà un ruolo fondamentale nella produzione musicale di Ellison. 
Ma il 2008 è anche l’anno di Los Angeles, secondo disco che si presenta sulla scia di quel "Donuts" del nume tutelare Jay Dee: 17 tracce strumentali che si attestano su una media di due minuti e mezzo ciascuna, un'attitudine immediata e un suono dalla resa piuttosto sporca. Lo stile di Allison però è diverso, unico. Sembra di ascoltare musica da un vinile usurato che suona appoggiato sul fondo del mare, ruvido e allo stesso tempo liquido e ovattato, profondo; un marchio di fabbrica che rende il sound di Flying Lotus immediatamente distinguibile. I brani sono un continuo incrociare tendenze, stili, suoni, che mescolano l'elettronica con sonorità black e un uso unico e assolutamente personale di campionamenti e sintetizzatori. Un disco che riesce nell'intento di non dare punti di riferimento precisi, ma di amalgamare le sue anime estrapolandole dai loro contesti e rendendole parte di un nuovo "unicum".
Si possono incontrare richiami al funk dalle sfumature lounge, così come suoni decisamente più elettronici e a tratti informatici. Poi ci sono il groove minimale ma estremamente efficace ("Parisian Goldfish"), episodi più percussivi e afro ("Melt!"), spiragli techno-delirio ("GNG BNG"), ritmi più delicati e dilatati ("Beginners Falafel"), fino a un brano come "Testament" (l'unico cantato), che vira su ricordi trip-hop. I vari elementi sembrano fondersi tra loro senza soluzione di continuità. Allison pare incorporare la musica e restituircela digerita in qualcosa di nuovo, uno spiraglio sui tempi e sulla musica black di inizio millennio. Un disco che è in sé il prodotto di un decennio avviatosi alla fine e che ha visto l'hip-hop mutare forma in qualcosa che da un lato lo riporta ai tempi di Afrika Bambaataa e dall'altro lo proietta verso un futuro sempre più vicino e sempre più suo.


flylo_glaslampTra il 2008 e il 2009 usciranno tre Ep satellitari a Los Angeles, intitolati L.A EP e catalogati come 1X3, 2X3[remixes] e 3X3, contenenti diversi remix e nuove fugaci sperimentazioni, come l'orientaleggiante "Rickshaw", l'impenetrabile "Interference" e la fluttuante divagazione ambient di "Spin Cycles". Nel frattempo, Ellison prosegue spedito nella sua irrequietezza produttiva dando vita a una nuova collaborazione mediante l'Ep di indirizzo neo soul "Whole Wide World/Lit Up/Keep It Moving" prodotto con l'amico Dudley Perkins nelle vesti di Declaime, prima dell’arrivo del terzo album unicamente a suo nome.
Nel maggio del 2010 arriva nei negozi di tutto il mondo l’attesissimo Cosmogramma. Un disco terribilmente variegato in tutte le sue sfaccettature e che trae linfa da un immaginario in apparenza frastagliato, ma sempre ben ancorato agli stilemi del jazz e della black music. L'attrattiva nasce, cresce e muore nel disincanto armonico e nella propulsione energica del campionamento ad effetto. In questa terza splendida fatica a disarmare l’ascoltatore è la volontà del buon Steve di stendere il ritmo frullando come un forsennato elementi isolati, muniti spesso di una bassa miscibilità, ma coagulati al meglio in una sorta di concept visionario e alieno. 
E così, l'instabilità ritmica che introduce "Clock Catcher" sembra suggerire una folle rincorsa contro il tempo, mentre un'arpa incerta e fracassata ondeggia tra le pause, squisitamente illusorie, delle lancette dell'orologio. La celerità dell'impatto cresce nel broken-bass siderale di "Pickled!" e nella circolarità pulsante di "Nose Art", sorta di guerriglia pseudo-analogica al videogame. Mentre l'illusione cosmografica decolla nel binomio "Intro/ A Cosmic Drama/" "Zodiac Shit". Nel bel mezzo della faccenda, il moto digitale della galassia ellisoniana trova per pochi istanti il suo ipnotico asse di rotazione nelle grazie di un Thom Yorke formato berretto e laptop ("And The World Laughs With You").
Ma se c'è qualcosa che realmente disorienta in dischi come Cosmogramma, è la quantità di idee strizzate nel secchio e condite con la classe di chi riesce a far vibrare l'anima armato di un banale metronomo e di sole tre note al piano, ripetute a mo' di cardiofrequenzimetro ("Mmmhmm"). L’anno successivo quest’ultima traccia gli consentirà di vincere un Independent Music Awards nella sezione video, e lo stesso Ellison verrà scelto dai Battles come co-organizzatore del festival All Tomorrow’s Parties.
Il finale dell’album è più roseo e pacato. "Recoiled" si sdoppia in due momenti, incastonati e sovrapposti dalla meccanica sincopata del cambio di un'automobile, prima che "Table Tennis", resa viva dal canto smorzato di Laura Darlington, sprigioni con la dovuta eleganza liquidità elettronica e palline da ping pong alternate a un'acustica timidamente cosmica.

Cosmogramma
e il successivo (e più esaltante) Ep Pattern+Grid World, fatti uscire a pochi mesi di distanza l’uno dall’altro, confermeranno ancora una volta la totale inafferrabilità del marchio FlyLo, ponendolo di diritto nell’olimpo dei nuovi pionieri della black music. Proprio quest'ultimo contribuirà ad ampliare l'inafferabilità del nostro, tra improbabili giochini al laptop ("Clay"), pulsazioni magnetiche miste a bacchette e improvvisi cambi di direzione a inscenare una sorta di conturbante danza primordiale ("Jurassic Notion/M Theory).

Il 2011 è l'anno delle Alt Takes, fatte uscire nella bava generale in un clima di delirio crescente per qualsiasi sua nuova apparizione, nelle quali spicca una cinematografica versione di "Computer Face" arrangiata per l'occasione da Miguel Atwood-Ferguson. 
L’anno seguente, il singolo "Between Friends" con Earl Sweatshirt degli OFWGKTA e le varie "Between Villains" e "Cosplay", a nome Captain Murphy, tutte ancora una volta per la serie Adult Swim, riconfermano la passione di Steve nel formulare basi e sinfonie destinate a un particolare tipo di ambientazioni animate. Passione che troverà ennesimo sfogo l’anno seguente con la partecipazione attiva di FlyLo alla colonna sonora del celebre videogame Grand Theft Auto mediante la scrittura di diversi brani.

Nel 2012, invece, sarà un magistrale cortometraggio di Kahlil Joseph a introdurre il quarto disco di Flying Lotus. Immagini a rilento. Negritudine on the road. La t-shirt di Dilla a descrivere una vera e propria filosofia, una qualche religione. Until The Quiet Comes viene subito percepito un po' come il disco della "verità". La quarta “cosa” da decifrare del manipolatore di L.A. dal cuor tenero e dalla mente altrove. E così, dopo le piroette aliene del precedente Cosmogramma, il loto volante tocca terra ed è finalmente a casa. Alla soglia dei trenta, Steven cerca platealmente contatti con le origini della propria musica. L'intento è dirottarla candidamente. Lasciarla fluire. Dentro questo suo nuovo mondo, fatto ovviamente di campionamenti talvolta impercettibili, gira a rilento una sorta di groove funkadelico, ma non troppo.
Messa da parte l’irrequietezza , il manipolatore riassesta le proprie pulsazioni, planando sopra tappeti ritmici (“Tiny Tortures”) infinitesimali, in un sovrapporsi morbidissimo di micro-scatti elettronici. Le sfumature si arricchiscono in penombra e in controluce a seconda dei dadi da lanciare, dei tamburi da sfibrare (“Sthru To U”), in una danza nera e clamorosamente inebriante. Regna una nuova armonia. Gli animi sono distesi, mentre la fantasia rincorre traiettorie sfuggenti e impalpabili, percepibili solo a volumi più alti.
E' un irrefrenabile flusso sonoro quello che viaggia lungo i diciotto frammenti dell'album, che parte dolce ma ipnotico in “All In”, procedendo fra concretismi ed effetti speciali, che si manifestano sotto forma di carillon (“Until The Colours Come”), disturbi acidi (“Sultan's Request”), bizzarrie aliene (“Putty Boy Strut”) e campioni assemblati con cemento a presa rapida (la title track), per trovare il suo scopo nella battaglia digitale di “Corded” e nell'amorfo finale di “Dream To Me”, pronto a chiudere il cerchio fra residui di fumo e trip selvaggi. Flying Lotus chiama Terra, l'atterraggio è completato. Il suo ritorno è il più naturale e affettivo possibile, e il saluto calorosissimo del suo armamentario sonoro è un insieme aggrovigliato di scosse e fendenti. Tutto ciò che c'è da fare è alzare il volume e lasciarsi colpire, smuovere, trafiggere. Ancora una volta. Ancora di più.

flying_02Nel 2013 arriva un po' a sorpresa e per la gioia di tutti "Lovers Melt" un eccellente mixtape per l'amatissima Stones Throw nel quale Ellison seleziona a meraviglia la migliore musica soul e funk dei Settanta e diversi suoi amori mai pienamente dichiarati fin a quel momento: da Eddie Hazel a Stevie Wonder, passando per Quincy Jones e Herbie Hancock, fino ad arrivare a David Lynch & Peter Ivers, Daevid Allen e Soft Machine. Il 2014 è invece l’anno di uno spettacolare 3D Show, un'incredibile tournée con la truppa Brainfeeder, ma è soprattutto l'anno di You’re Dead!, disco esteticamente curato dal fumettista manga Shintaro Kago, chiamato per l’occasione a disegnare diciannove differenti illustrazioni, una per ogni traccia del quinto Lp di FlyLo.
Dopotutto, la cornice visiva necessita anch’essa di particolari attenzioni, così come la musica, che fin dai primi sussulti di questa nuova opera appare ancora una volta tonica e per certi versi inafferrabile. Il talentuoso musicista losangelino pone sul piatto nuove colorazioni stilistiche. A rafforzare poi questa sua particolare visione del mondo e delle cose, è l’irreparabile cleptomania musicofila atta a surclassare la scena con campionamenti versatili, imprevedibili e di gran fiuto, figlia di un bagaglio musicale enorme e della congenita e ormai consueta vicinanza stilistica agli amici “compaesani” della Stones Throw. Spiccano in questo caso gli estratti di Queen ("Another One Bites The Dust" in "Dead Man's Tetris") Admiral Tibet ed Ennio Morricone (la celebre “Piume di Cristallo” in “Turtles”).
Pieno fino all’orlo di sé e del proprio potenziale artistico, in questa sua quinta opera Ellison si trova dinanzi a un bivio sostanziale. C’è da scegliere se continuare a sfogare esclusivamente le proprie personali inclinazioni, o provare a mescolarsi con il resto del pianeta senza comunque perdere di vista l’obiettivo. Steve opta per la seconda direzione. Nascono così le collaborazioni insolite e accattivanti con Snoop Dogg e Kendrick Lamar, con il sempre più prezioso e immancabile amico Stephen “Thundercat” Bruner, presente con il suo basso praticamente in ogni traccia del disco, ma soprattutto con la leggenda Herbie Hancock, alle tastiera in “Tesla” (scritta tra l’altro assieme allo stesso Bruner) e in “Moment Of Hesitation”.
Ciò che richiama maggiormente l’attenzione rispetto ai lavori precedenti è una smodata propensione alla musica fusion generalmente intesa come tale. Spuntano, dunque, qua e là i fantasmi di Chick Corea (“Tesla” e “Cold Dead”), mentre si susseguono i consueti micro-bozzetti jazzy alla stregua del miglior Scott Herren o dell’amico Gaslamp Killer (non a caso tra i pezzi più pregiati della personale label Brainfeeder), quasi a voler rattoppare i momenti più alti dell’album, quali ad esempio la sensualissima “Siren Song”, scritta e interpretata dalla multistrumentista Angel Deradoorian (ex-Dirty Projectors), mai come in questo caso cadenzata e cullante quanto basta per riappacificare anima e corpo, e la successiva “Turtles”, impreziosita da tintinnii e vagiti dal riflesso esotico.
Tuttavia, la faccenda si complica quando paiono spuntare dei vuoti da riempire ad ogni costo, vedi la coda del disco con i suoi momenti più sterili, come “The Boys Who Died In Their Sleep”, allestita dallo stesso Ellison nelle vesti di Captain Murphy, e l’inconcludente giochino di ombre in scia vagamente lounge di “Obligatory Cadence”. Menzione differente meritano al contrario le sopracitate due tracce di stampo propriamente hip-hop. Nella prima, “Never Me Catch Me”, l’unione tra l’inquietudine ritmica di Ellison e la poetica dell’ispiratissimo Kendrick Lamar trovano il giusto compromesso. Il rapper di Compton non le manda di certo a dire: "Analyze my demise, I say I'm super anxious/ recognize I deprive this fear and then embrace it", mentre il nostro uomo gigioneggia spezzando il ritmo quando serve e inserendo una variazione al piano in linea con l’umore vacillante del brano. Decisamente più fruibile e oltremodo atteggiata è la successiva “Dead Man’s Tetris”, scritta dal buon Snoop Dogg con l’intento di trovare un nesso (?) tra la morte (di fatto il tema imperante del disco) e il gioco del tetris (“I was live when I met you/ now this seems to upset you/ this what the shit gon' get you: death”), con tanto di campionamento della leggendaria musichetta ad esso associato, mentre Thebe Neruda Kgositsile aka Earl Sweatshirt rilascia in maniera ufficiosa diverse baggianate in sottofondo, aggiungendo all’insieme una sana dose di irriverenza.

Tirando le somme, You’re Dead! è un disco tanto curato, quanto imprevedibile nelle sue singole ripartizioni. Ciò nonostante, manca la genialità intravista nelle due opere che lo precedono. Insomma, il talentuoso e osannato FlyLo ha curato molto dettagli e sfumature, perdendo talvolta di vista l’istinto e la sostanza. Un disco che riempirà i cuori dei suoi più accaniti sostenitori, ma che ci consegna un musicista nel complesso meno disinvolto, di certo più stakanovista.

Cinque anni dopo Ellison torna in scena alla sua maniera: un video surreale (è anche un po’ banale) con sua maestà David Lynch, quattro singoli d’anticipo, nove collaborazioni eccellenti (Anderson .PaakGeorge ClintonYukimi Nagano, Ishmael Butler del duo Shabazz PalacesSolange, Tierra Whack, Denzel CurryToro Y Moi, e il fidatissimo Thundercat) e un totale di ben ventisette tracce. Flamagra viene alla luce preceduto dagli immancabili fuochi d’artificio che ne annunciano la portata. Un disco ancora una volta magniloquente, totalizzante, sfuggente, ma soprattutto estremamente ambizioso. Nell’ultimo lustro, il nipotino d’arte ha ulteriormente espanso la propria visione cosmica, infarcendola con una vocazione jazz ormai divenuta l'asse portante di uno stile che si nutre a getto continuo delle lezioni degli avi Coltrane - FlyLo è il pronipote di Alice Coltrane e di suo marito John, ed è cugino del musicista Ravi Coltrane, nonché nipote della cantante e cantautrice Marilyn McLeod (celebre per aver scritto “Love Hangover” di Diana Ross) - e gli esempi di MadlibJ Dilla, ed Edan.

A delineare l’anima dell’opera, è un ventaglio di suggestioni a dir poco articolatissimo. Un caleidoscopio anche visivo, con la copertina raffigurante una fantasiosa fabbrica sotterranea mossa dallo sguardo Ellison, per l’occasione nelle vesti del giostraio magico, che genera una vampata di fuoco che si spinge verso il cielo stellato di un pianeta imprecisato, dividendo a sua volta in superficie le anime dannate da quelle beate, mentre una piccola colomba bianca si solleva in volo. L’artwork contiene inoltre spunti cosmici tra i più disparati: dalla nebulosa Iride a quella di Orione, passando per la nebulosa Nord America a emissione visibile nella costellazione del Cigno. 
L'attrazione per il fuoco e un'accecante cosmogonia sono dunque i protagonisti indiscussi del concept. Per Steve Ellison le fiamme hanno sostanzialmente un duplice potere: annientare e generare. E così, prendono il largo concetti come la morte e la creazione. La caduta e la rinascita. Ed è proprio in questo costante dualismo che il compositore losangelino sguazza con i suoi consueti poliritmi, ai quali seguono puntuali effusioni jazzistiche e contorsioni d’ogni sorta. Un melting pot che punta a una visione tutt’altro che localizzata. Per coglierne il nocciolo è necessario distanziarsi dai singoli pezzi, provando a contemplarne il senso in quello che resta pur sempre un puzzle sonoro intimo e surreale. 

Il nipotino d’arte sguinzaglia la propria verve già dal trittico iniziale: “Heroes”, “Post Requisite” e “Heroes In A Half Shell” sono una sorta di viaggio stellare in salsa electro-jazz. A dar man forte al decollo sono le corde del multistrumentista californiano Miguel Atwood-Ferguson che spuntano qui e là, tra una battito caldo e un’improvvisa accelerazione ritmica. Il primo ospite eccellente è Anderson .Paak, chiamato per dar voce a “More”, mediante una serie di concise riflessioni sull’ossessione della cultura moderna per la propria immagine, mentre sullo sfondo si animano cori femminili sintetizzati ad hoc e partiture fusion calibratissime. Segue base hip hop da due minuti scarsi (“Capillaries”) su piano ( ne troveremo diverse lungo il cammino), a precedere la salita in cattedra di George Clinton in “Burning Down The House” per una traccia che vede come co-autori anche Brandon Coleman e Thundercat. E non è un caso che sembri uscita fuori da un disco di quest’ultimo, visto il passo cadenzato e il basso pulsante che schizzano a destra e manca, con Clinton che narra di fuochi interiori che mai nessun tempo potrà spegnere. Quella di Ellison, è in sostanza una presa di coscienza matura sull’inevitabilità delle cose, sul tempo e i suoi effetti collaterali. 

Ben altra direzione è invece intrapresa nelle traiettorie ipnagogiche (!) di “Spontaneous” che si avvale della voce di Yukimi Nagano dei Little Dragon, la quale si dimostra perfettamente a suo agio. Le percussioni folli e accesissime del fratello maggiore di Thundercat, Ronald Bruner Jr., entrano in scena negli oltre cinque minuti della strumentale “Takashi”, traccia tra le più briose del lotto. I toni inafferrabili di “Cosmogramma” tornano ad animare Elisson nella brevissima “Pilgrim Side Eye”, quasi a voler annunciare l’improvviso cambio di tono di “Yellow Belly”, episodio che vede protagonista la giovane rapper Tierra Whack, che si dimena tra un “Yeah, yeah, yeah, yeah” e versi provocanti quali “I'm a firm believer, Bible reader, very eager brain feeder / Heard you need a visa, don't desert your leaders / Rare like a purple beetle, I'm Teresa, nice to meet ya / Bye Felicia, diarrhea, I'ma die just like Aaliyah / In the sky, I'm so high, everyone looks up to me”, con il ritmo che diventa via via sempre più sconnesso. 
In "Black Balloons Reprise", il mood muta ancora una volta, passando a una mescola rap dai contorni cinematografici.


Tra una sfumatura e l’altra, un intermezzo alieno e l’ennesima fascinazione jazzy di stampo cosmico con Sun Ra a fungere da guida suprema ("Actually Virtual" e in particolare “Andromeda”), Flamagra regala anche dei momenti di quiete siderale (“Remind U”), evidenziando l’inclinazione di FlyLo verso una certa spiritualità. Un’estasi che si ripete anche in “Find Your Own Way Home” e nel climax soulful con l’amico di sempre, quel Thundercat che continua ad accompagnare Ellison in ogni sua nuova avventura. Nel finale, c’è spazio per un’intrigante fusione liquida con Toro Y Moi, in una ballata dal sound lunare ma dal piglio sbarazzino. Ma è soprattutto l'ipnotica distensione soul messa in atto con Solange in “Land of Honey” a dare l’ultimo colpo di grazia estatico di un album assolutamente riuscito. 
Con Flamagra, FlyLo ha dimostrato di essere ancora una volta un visionario coraggioso e cosciente del proprio immenso background. Un disco che potremmo definire come la colonna sonora ideale di un’improbabile pellicola blaxploitation in salsa sci-fi. Un mix dunque unico e a suo modo irresistibile.



Contributi di Michele Camerin ("Los Angeles") e Matteo Meda ("Until The Quiet Comes")

Flying Lotus

Discografia

Lp

1983 (Plug Research, 2006)7
Los Angeles (Warp, 2008)8
Cosmogramma(Warp, 2010)8
Until The Quiet Comes(Warp, 2012)8
You’re Dead! (Warp, 2014)6,5
Flamagra (Warp, 2019)7,5
Ep
Reset (Warp, 2007)7
L.A. EP 1 X 3 (Warp, 2008)6,5
L.A. EP 2 X 3 [remixes](Warp, 2008)6,5
L.A. EP 3 X 3 (Warp, 2008)7
Pattern+Grid World(Warp, 2010)7,5
Cosmogramma Alt Takes(Warp, 2010)6

Pietra miliare
Consigliato da OR

Streaming

 

MmmHmm
(da Cosmogramma, 2010)

  Zodiac Shit
(da Cosmogramma, 2010) 
Until The Quiet Comes(da Until The Quiet Comes, 2012)
Never Catch Me ft. Kendrick Lamar(da You’re Dead, 2014)

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