L’idea è stimolante: Anton Newcombe e la nuova protetta di Alan Mc Gee giocano con la psichedelia e il post-Velvet Underground alla ricerca di quella magia mitteleuropea che sembra aver contagiato il leader dei Brian Jonestown Massacre da quando ha messo sede a Berlino.
Tess Parks è nata a Toronto, ha all’attivo un esordio targato 2013 ed è in possesso di un timbro vocale che è geneticamente derivato da quello di Courtney Love o Hope Sandoval, ma meno espressivo, a volte rasposo o gutturale, ma comunque mai particolarmente originale e convincente.
Visetto da ragazza vissuta, ma non troppo, alone misterioso da donna maledetta e trasgressiva, ma non troppo, autrice intelligente e ispirata, ma non troppo, Tess Parks ha abbozzato dieci tormentati racconti di esperienze lisergiche e mal de vivre, offrendoli a Anton Newcombe affinché li rivestisse della sua solita mistura di shoegaze e pop psichedelico.
Purtroppo viene da chiedersi cosa ci sia oltre il piacevole effetto deja-vu in un album come “I Declare Nothing”? Sicuramente un buon distillato di emozioni residue di Mazzy Star e qualsiasi altra band del catalogo Creation, accordi in slow-motion che passano dall’ipnotico alla noia, melodie mai memorabili e soprattutto tanto mestiere.
Newcombe continua a esplorare nuovi fronti e dopo la non del tutto riuscita colonna sonora immaginaria, con Tess Parks compie un passo falso, sovrastando anche la personalità della musicista e quindi costringendo all’oblio il tutto.
Non mancano momenti di puro intrattenimento, come “Cocaine Cat", una ballad ricca di atmosfera condita da un'ipnosi elettroacustica che getta un ponte tra Brooklyn e Parigi; o “Meliorist”, una delle canzoni più ricche di verve nonostante la spudorata citazione di “Fever”.
Sul versante più acid-psych “German Tangerine” offre una struttura solida e un suono piacevolmente malsano, mentre “October 2nd” mette insieme i primi Tangerine Dream e i Mazzy Star senza suonare pretenziosa.
Infine, “I Declare Nothing”, nonostante resti piacevole e abbia dei buoni punti di riferimento stilistico, non riesce a elevarsi dalla mediocrità, con la voce di Parks che sembra più annoiata e distratta che poetica e maledetta. Newcombe non ha sprecato le sue idee migliori, preservandole forse per un futuro progetto BJM, e pur se il brio acustico di “Mama” fa ben sperare, la banalità di episodi come “Peace Defrost” e “Gone” toglie ogni dubbio sulla reale consistenza del progetto.
16/09/2015